pizzo

Palermo, il cuoco Natale Giunta denuncia il pizzo. Arrestati 4 estorsori

QUADRO NEWS.pngI carabinieri del reparto operativo del comando provinciale di Palermo stanno eseguendo quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere per estorsione emesse dal Gip su richiesta della Dda, nei confronti di presunti esponenti di Cosa Nostra.

Le indagini sono state avviate dopo la denuncia di un noto imprenditore palermitano, titolare di una società di ristorazione e catering. La vittima ha raccontato di essere stato contattato nel marzo scorso dagli esattori del racket i quali gli avrebbero contestato di aver intrapreso l’attività commerciale senza aver chiesto l’autorizzazione a cosa nostra, ovvero di non essersi “messo a posto”.

I quattro, ai quali viene contestato il reato di tentata estorsione aggravata dalle finalità mafiose, avrebbero preteso il versamento di 2 mila euro, da pagare sia a Pasqua che a Natale, per il sostentamento delle famiglie dei detenuti.

Sono del quartiere di Borgo Vecchio, i quattro presunti estorsori che avrebbero chiesto il pizzo al ristoratore Natale Giunta, diventato famoso per la partecipazione alla Prova del cuoco, programma di Rai 1, e che sono stati arrestati dai carabinieri. Si tratta di Antonino Ciresi, 70 anni, di Monreale; dei palermitani Maurizio Lucchese, 50; Alfredo Calogero Attilio Perricone, 42; Giuseppe Battaglia, 41.

Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci, assieme ai sostituti della Dda di Palermo, Francesc Mazzocco e Caterina Malagoli, sono scattate dopo la denuncia di
Giunta. Quest’ultimo, nel marzo 2012, è stato avvicinato dagli arrestati che gli hanno intimato di “mettersi a posto”: sarebbe bastato pagare 2 mila euro, a Pasqua e a Natale, la somma che serviva per ‘sostenere’ le famiglie dei detenuti. I quattro con il ristoratore avevano usato il classico linguaggio degli estorsori. “A posto”, infatti, significa che, fin quando non avrebbe pagato, nel suo locale non si sarebbe più recato nessun cliente, “perché praticamente siamo d’accordo tutti. Due a Pasqua, più due a Natale”. Che non fosse uno scherzo, i quattro lo hanno fatto capire in tutti i modi al ristoratore impegnato anche nel settore del catering.

Dopo le parole sono passati ai fatti, utilizzando anche i ben noti messaggi per convincere i commercianti: colla nei lucchetti o danneggiamento dei locali. Più volte l’imprenditore ha ribadito che non era in grado di pagare, perché in difficoltà economiche. Dopo qualche settimana dalla richiesta, a Giunta è arrivato un biglietto anonimo con delle minacce (“mettiti a
puostu, un fare ù sbirru, picchì ti finisci mali”).

Poi, tre intimidazioni: due danneggiamenti all’interno del locale, infine il ritrovamento di una tanica di benzina all’esterno del ristorante. Un’escalation di minacce che ha portato alla denuncia e agli arresti dei carabinieri. (GDS)

Mafia: Questore Palermo, contro il ‘pizzo’ segnali importanti

palermo,turismo,news,notizie,sicilia,estate,mare, mafia, pizzoContro il ‘pizzo’ a Palermo si registrano “segnali importanti” anche “se c’e’ ancora molto da fare. E’ stato fatto negli ultimi tempi un cammino lungo e importante”. Lo ha detto il Questore di Palermo Nicola Zito intervenendo a ‘Buongiorno Regione’. Sono sempre di piu’ I commercianti che denunciano il racket delle estorsioni.

“Gli elementi indicatori sono positivi – dice ancora il Questore – ed e’ anche importante la collaborazione con l’associazione ‘Addiopizzo’. Noi siamo fiduciosi”. E ringrazia anche I Carabinieri e la Guardia di Finanza “per la collaborazione” nella lotta per la legalita’ sul territorio.

Palermo, pizzo a costruttore: tre condannati

palermo,turismo,news,notizie,sicilia,estate,mare, mafia, pizzoIl gup Agostino Gristina ha condannato Tommaso lo Presti a 8 anni di carcere , Francesco Francofonti a 4 anni, Gianbattista Marino a 8 anni, tutti accusati di estorsione aggravata. A denunciare i tre imputati era stato un costruttore che per dieci anni ha pagato il pizzo. L’imprenditore si è rivolto alla polizia ad aprile  2011 e ha raccontato che la prima richiesta di pizzo venne fatta nel 2000 al cantiere di edilizia popolare in cortile Degli Orfani al Capo, dove il costruttore svolgeva lavori per 3 miliardi di vecchie lire.

In questo caso a procurare il contatto con i boss, secondo la sua versione, fu Domenico Lo Iacono, detto Mimmo panella o Mimmo truffa (processato separatamente), mentre a esigere la maxi tangente sarebbe stato Tommaso Lo Presti. Voleva il 2% dell’importo dei lavori, ovvero 60 milioni di vecchie lire, da saldare in due rate a Pasqua ed a Natale, solo così sarebbero cessati i continui furti. Dalla cifra iniziale si scese a 45 milioni, tutti pagati. Il cantiere è rimasto aperto fino al 2006 e l’imprenditore ha continuato a versare periodicamente nelle casse di Cosa nostra rate prima di 5 milioni di lire, poi con il cambio applicato dalla mafia, passate a 5 mila euro. Il costruttore ha realizzato poi altri tre cantieri nel centro storico, sempre pagando, secondo quanto da lui riferito, il pizzo, in via Matteo Bonello e in via Sedie Volanti per conto dello Iacp e in piazza Caracciolo alla Vucciria. Il risarcimento agli imprenditori e alla associazione Addiopizzo, parti civilli, sarà stabilito in sede civile.

Mafia: questore Palermo, in aumento numero imprenditori che denunciano pizzo

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“Il numero dei commercianti e degli imprenditori che denunciano i loro estorsori e’ in aumento non in maniera imponente, ma continua. Sono fiducioso sul fatto che il 2012 ci dia ulteriori elementi positivi”. Lo ha detto il questore di Palermo, Nicola Zito, incontrando la stampa per i tradizionali…

auguri di fine anno. Parlando poi dell’attivita’ del 2011 il questore si e’ detto “moderatamente soddisfatto dei risultati conseguiti sia nell’attivita’ antimafia, che e’ la principale, sia nell’azione preventiva, che la Questura di Palermo insieme con le altre forze dell’ordine ha portato avanti in un controllo integrato del territorio”. (Adnkronos)

Confcommercio: “Fuori chi non denuncia il pizzo”

palermo,turismo,news,notizie,sicilia,estate,mare, mafia, pizzoGli imprenditori siciliani che pagano il pizzo senza denunciarlo saranno sospesi da Confcommercio. Chi verrà condannato in via definitiva per reati di mafia sarà espulso. E i nomi delle aziende virtuose saranno resi noti tra un paio di mesi con una campagna su giornali, manifesti e Internet. È la svolta impressa dal nuovo codice etico approvato due…

giorni fa all’unanimità dai vertici delle nove associazioni provinciali che fanno capo a Confcommercio Sicilia. Undici articoli che inaspriscono le regole per entrare a far parte dell’associazione e che impegnano i soci a “rifiutare ogni rapporto con le organizzazioni mafiose”, a prendere le distanze anche dalla “mafia dei colletti bianchi” e dai reati di “corruzione e turbativa d’asta”.

I primi chiamati a firmare le nuove regole sono i duemila dirigenti dell’associazione: presidenti, segretari, funzionari. I nomi di questi imprenditori saranno resi noti entro Natale. Ma l’appello a rinunciare alle connivenze con il sistema mafioso è lanciato a tutte le 80 mila imprese dell’associazione, dai piccoli esercizi agli ipermercati, dagli albergatori alle imprese di trasporto. Potranno presentarsi da oggi nelle sedi delle associazioni provinciali e firmare il nuovo codice, mentre i nuovi iscritti saranno obbligati a farlo al momento dell’adesione. Per i vecchi associati l’ultimatum scade a fine anno, insieme con il termine delle iscrizioni: chi non firma sarà fuori dal sistema associativo. Inaspriti anche i provvedimenti disciplinari per gli indagati.

“La sospensione scatterà subito nel caso in cui l’imprenditore sia rinviato a giudizio per reati di associazione mafiosa – spiega Pietro Agen, presidente di Confcommercio Sicilia – l’espulsione sarà definitiva in caso di condanna”.

La campagna per la legalità, a una settimana dalle dimissioni collegiali dal parlamentino di Confcommercio Palermo, ha fatto superare le divergenze storiche tra il numero uno di Confcommercio Sicilia e il presidente uscente della federazione palermitana, Roberto Helg, in attesa di riconferma. Più diplomatico Helg sulle scelte del governo Lombardo, più duro Agen che non ha mancato di attaccare il governatore sulla mancanza di provvedimenti regionali contro la crisi. Helg, come gli altri dirigenti uscenti, ha firmato il nuovo codice, e la sua vice Rosanna Montalto, che ha la delega alla Legalità, ha contribuito alla stesura.

Sia Helg che la Montalto rivendicano all’associazione palermitana il primato della battaglia contro il pizzo. “Prevediamo l’espulsione già dal 2005 – dice il presidente – e da anni ci costituiamo parte civile nei processi di mafia”. “Negli ultimi sei anni l’applicazione delle norme etiche – incalza la Moltalto – ha portato a quattro sospensioni di soci rinviati a giudizio per favoreggiamento e a nove espulsioni per condanne”. E se nelle varie province i presidenti stanno già convocando dirigenti e associati perché firmino il patto e c’è chi come Sandro Romano, a capo della federazione siracusana, si impegna “a pubblicare al più presto i nomi delle imprese che hanno detto no al racket, anche per orientare i consumatori”, un plauso all’iniziativa arriva dal presidente nazionale, Carlo Sangalli: “Mi auguro – dice – che lo stesso percorso sia intrapreso dalle altre realtà regionali”. (REPUBBLICA PALERMO)

Palermo ricorda Libero Grassi, vent’anni fa l’omicidio

QUADRO NEWS.pngLa figlia di Libero Grassi, Alice, ha rinnovato, apponendone uno nuovo su quello vecchio, il manifesto posto sul muro di via Vittorio Alfieri a Palermo dove 20 anni fa, il 29 agosto 1991, il padre, imprenditore tessile, venne assassinato da sicari mafiosi per aver denunciato il sistema delle estorsioni…

“Non vogliamo lapidi di marmo” ha detto Alice stamane. Sul manifesto è scritto: “Il 29 agosto 1991 qui è stato assassinato Libero Grassi, imprenditore, uomo coraggioso, ucciso dalla mafia e dall’omertà dell’associazione industriali, dall’indifferenza dei partiti, dall’assenza dello Stato”.

La vedova dell’imprenditore, Pina Maisano, ha detto: “Dobbiamo continuare con la nostra presenza attiva. Non dobbiamo mai dimenticare ma sempre parlare e parlare e ricordarci i tre valori di Libero: lavoro, libertà dignità”.

Alice Grassi ha legato un mazzo di fiori rosa accanto al manifesto che ricorda l’assassinio e poi, accanto alla madre e al fratello Davide, ha assistito alla cerimonia istituzionale cui hanno partecipato il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello, il presidente onorario della federazione antitracket Tano Grasso, il sindaco di Palermo Diego Cammarata,

il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, l’assessore regionale Giosuè Marino, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello, il presidente onorario della federazione antitracket Tano Grasso.

Il prefetto Umberto Postiglione ha consegnato alla signora Grassi tre messaggi del presidente della Repubblica e dei presidenti di Camera e Senato. Una cinquantina di giovani dell’associazione “Addio pizzo” si è stretta attorno alla famiglia Grassi e Pina Maisano ha baciato i ragazzi uno ad uno.

Alle 10 l’assemblea nazionale della Federazione delle associazioni antiracket nella sede del Comitato Addiopizzo di via Lincoln 131. Alle 21, è in programma alla Tonnara Bordonaro, la presentazione del libro “Libero, l’imprenditore che non si piegò al pizzo” di Chiara Caprì e Pina Maisano Grassi: alle 22,30 reading a cura di Claudio Gioè. Infine alle 23,40 la proiezione del film-documentario “Libero nel nome” di Pietro Durante.

Napolitano: “Grassi riferimento per lotta anti-racket”. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha scritto una lettera alla vedova di Libero Grassi, Pina Maisano Grassi: “Ricorrono oggi venti anni da quel tragico 29 agosto 1991, quando Libero Grassi, l’imprenditore onesto e coraggioso che si era pubblicamente ribellato alla mafia e al suo sistema estorsivo, fu ucciso in un agguato tragico e feroce”, si legge nella missiva. “Il suo sacrificio – sottolinea il capo dello Stato – è divenuto nel tempo, anche grazie alla mobilitazione delle migliori energie della società e alla crescente determinazione dell’imprenditoria siciliana, un riferimento essenziale della rivolta contro il racket e la pressione mafiosa. Il ricordo della lotta di Libero Grassi per salvaguardare la dignità del lavoro e la libertà dell’attività economica da forme inammissibili di violenza deve costituire fecondo stimolo per una sempre più ampia mobilitazione della coscienza civile e per una sempre maggiore diffusione della cultura della legalità”. “Con questo auspicio – conclude Napolitano – e interpretando la gratitudine di ogni italiano, esprimo a lei e ai suoi figli sentimenti di affettuosa vicinanza e solidale partecipazione”.

Schifani: “Il suo sangue non è stato versato invano”. Il presidente del Senato, Renato Schifani, ha inviato un telegramma alla famiglia di Libero Grassi: “Venti anni fa, il 29 agosto 1991, la mafia assassinava Libero Grassi, imprenditore siciliano che aveva osato sfidare un sistema fatto di omertà, sistematico sopruso e accettazione generalizzata dell’illegalità. Oggi possiamo affermare che la sua morte abbia rappresentato uno spartiacque: il racket delle estorsioni ha iniziato a non essere più percepito come destino ineluttabile di chiunque avesse un’attività economica in terra siciliana ma come un fenomeno criminale e patologico che è possibile e doveroso estirpare. Non solo per affermare la legalità e l’autorità dello stato contro lo strapotere mafioso, ma anche per eliminare un giogo odioso che troppo a lungo ha impedito alla sicilia e, più in generale, al sud, di dispiegare le sue potenzialità di sviluppo”. “I progressi nella lotta al ‘pizzo’ – aggiunge il presidente del Senato – sono la prova che il sangue di Libero Grassi non è stato versato invano, che il suo insegnamento e il suo esempio continuano a vivere in tutti coloro che lottano ogni giorno, forti del sostegno delle istituzioni, per un’economia finalmente libera dalle intollerabili pressioni di organizzazioni criminali che non hanno, né potranno mai avere, alcun diritto sul frutto del lavoro onesto degli imprenditori”.

Fini: “Ricordarlo per esaltare lotta a criminalità”. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha scritto al prefetto di Palermo, Umberto Postiglione. In occasione “delle cerimonie organizzate per la commemorazione del ventennale della barbara uccisione di Libero Grassi – sottolinea Fini – desidero rivolgere il mio saluto a tutti i partecipanti ed esprimere la mia vicinanza alla moglie, Signora Pina Malsano, ed ai figli Alice e Davide. Un profondo senso della giustizia e dei principi fondamentali dello Stato di diritto può, quando è capillarmente diffuso tra le persone, fare la differenza, rendendo sempre più ostile il contesto sociale ad ogni forma di connivenza con le organizzazioni criminali e salde le ragioni della legge”. “Per questo le istituzioni – spiega – devono sostenere, soprattutto tra i giovani, le numerose iniziative volte a sensibilizzare la collettività ai valori della legalità, che trovano fondamento nella nostra Carta costituzionale. Rivolgo a tutti voi il mio plauso e il mio incoraggiamento affinchè possiate continuare ad essere testimoni della cultura della giustizia e del coraggio civile”. (REPUBBLICA PALERMO)