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Attentato all’Addaura contro Falcone: la Scientifica contamina il Dna sulla muta da sub

QUADRO NEWS.pngDopo oltre vent’anni le indagini sul fallito attentato dell’Addaura contro Giovanni Falcone avevano ricevuto un nuovo impulso. L’attentato era fallito perchè gli uomini della scorta del giudice trovarono la carica esplosiva con 20 chili di tritolo.
La Procura della Repubblica di Caltanissetta, che conduce l’inchiesta, aveva ordinato il prelievo delle tracce di Dna dalla muta, dalle pinne e dagli occhiali adoperati da sub che il 21 giugno 1989 piazzarono una borsa con 20 chili di esplosivo sulla scogliera nella quale si affacciava la villa di Falcone sul lungomare dell’Addaura.

Per compiere l’accertamento il procuratore Sergio Lari e gli altri due Pm titolari dell’inchiesta, l’aggiunto Nico Gozzo e il sostituto Nicolò Marino, avevano fatto ricorso a un incidente probatorio. Indiscrezioni riportate dal quotidiano La Repubblica dicono che durante gli accertamenti del reperto rinvenuto – un polsino della tuta – questi sarebbe stato contaminato in laboratorio, diventando praticamente inutilizzabile. Una conseguenza drammatica per le indagini con il Dna che sarebbe stato così falsato e reso inutile per un qualsiasi confronto. Il pasticcio sarebbe stato generato dall’utilizzo di una pinzetta non sterilizzata a dovere, così il Dna di un feto, analizzato qualche ora prima, si è sovrapposto a quello di uno dei misteriosi attentatori dell’Addaura. Sarebbe stata la stessa polizia scientifica ad accorgersi dell’errore e a comunicarlo immediatamente alla magistratura. Dalla Procura nissena al momento non vi sono commenti anche se c’è la consapevolezza che la contaminazione di un reperto potrebbe mettere in discussione anche un nuovo esame dell’intera tuta da sub.

Le indagini comunque continuano anche perché i primi esami arrivati dalla Scientifica avevano prodotto risultati importanti. Da una maglietta ritrovata sugli scogli era stato estratto un altro profilo di Dna, che è risultato corrispondente a quello di uno degli attentatori già condannati per i fatti del 1989, il boss Angelo Galatolo. Una conferma importante su quanto raccontato dal collaboratore di giustizia Fontana che aveva detto ai magistrati di aver fatto parte del commando operativo di quel giorno. L’ex boss aveva il compito di perlustrare la zona con la sua A112 mentre Angelo Galatolo si era sistemato dietro uno scoglio, con il telecomando, a 50 metri dal borsone con l’esplosivo. Il boss Nino Madonia, invece, controllava la scena da un punto più alto. “Rientrando alla base seppi che era stata notata la presenza della polizia e Galatolo si era gettato in mare, così perse il telecomando”.
Al vaglio dell’inchiesta di Caltanissetta vi sono anche le parole di un altro collaboratore, Vito Lo Forte, secondo cui all’Addaura ci sarebbe stata pure la presenza di uomini dei servizi segreti (Lo Forte fa riferimento all’agente Nino Agostino e all’ex poliziotto Emanule Piazza). Per questa ragione, i magistrati avevano disposto anche il confronto fra i Dna ritrovati sulla scogliera dell’Addaura e quelli di Agostino e Piazza, ma nulla era emerso con l’ipotesi di Lo Forte che non trova al momento conferme. (Antimafiaduemila)

Orlando: “Commemorazioni stragi, si rischia di sedere accanto a complici dei mandanti”

palermo,turismo,news,notizie,sicilia,estate,mare, mafia, giovanni falcone, paolo borsellino, leoluca orlando «Fin quando non ero sindaco mi sono rifiutato di partecipare alle manifestazioni per le stragi perché correvo il rischio di sedere accanto ai complici dei mandanti dei killer». Lo ha detto Leoluca Orlando, da due giorni nuovo sindaco di Palermo, a margine delle commemorazioni dell’eccidio di Capaci in corso nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo. Orlando ha così risposto ai giornalisti che gli chiedevano cosa pensasse delle dichiarazioni del cognato di Falcone, il magistrato Alfredo Morvillo, che ha detto che spesso chi partecipa alle manifestazioni è «una palla al piede nella lotta alla mafia».