Archivi Mensili: dicembre 2011

Carceri in Sicilia: detenuti costretti a dormire con dei materassi sui tavoli

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Sovraffollamento, suicidi, atti di autolesionismo, strutture vecchie, assistenza sanitaria non all’altezza. «Non c’è un solo carcere in Sicilia che sia in regola, la situazione è drammatica», denuncia Salvo Fleres, garante regionale dei diritti…

dei detenuti. «A fronte di 4500 posti disponibili in base al regolamento, i detenuti sono circa 7800», spiega in un’intervista all’Italpress. «Personalmente ho fatto una serie di esposti all’Autorità giudiziaria, l’ultimo l’altroieri che riguarda il carcere di Piazza Lanza a Catania, dove l’affollamento ha raggiunto livelli impressionanti: ci sono ad esempio detenuti costretti a dormire con dei materassi sui tavoli». Fleres la definisce «una situazione inaudita e inaccettabile», che alcuni non riescono a sopportare.

SUICIDI – Da qui il sempre crescente numero di suicidi (specie in estate): nel 2011 sono cinque – secondo i dati dell’Osservatorio delle morti in carcere – i casi accertati nell’isola (61 in Italia, dal 2000 a oggi sono ben 687); l’ultimo in ordine di tempo a togliersi la vita è stato Mohamed Nahiri, 35enne tunisino, impiccatosi il 9 ottobre scorso alle sbarre del bagno della sua cella del carcere «Pagliarelli» di Palermo con un lenzuolo. «Mi sono costituito parte civile in ogni caso di suicidio avvenuto nella nostra regione», sottolinea Fleres. «Del resto il detenuto è interamente affidato allo Stato, se si suicida vuol dire che lo Stato l’ha custodito male, è una sua responsabilità. E poi in alcuni di questi casi parlare di suicidio è edulcorazione di altro tipo di fenomeno di cui, essendoci indagini in corso, non è possibile parlare».

DECRETO SULLA SANITA’ PENITENZIARIA – Non finisce qui. La Sicilia resta l’unica regione d’Italia a non aver recepito il decreto datato 2008 sulla sanità penitenziaria. «Sembra un problema di scarsa entità, ma», spiega ancora il senatore di Coesione Nazionale-Io Sud-Forza del Sud, «il fatto che la sanità in Sicilia continui a essere gestita dal ministero della Giustizia e non, come avviene nel resto del Paese, dal servizio sanitario nazionale crea notevoli disagi ai detenuti. Alcuni di loro hanno bisogno di farmaci costosissimi ma non ricevono assistenza perché non ci sono le risorse e i tempi del ministero sono decisamente più lunghi». Cosa fare allora? Fleres chiama in causa la politica e sostiene che «bisogna depenalizzare i reati di minore allarme sociale, dare gli arresti domiciliari per reati che comportino una pena inferiore ai tre anni e accorciare le fasi istruttorie dei processi: su 90.000 accessi l’anno in carcere, 22.000 durano meno di tre giorni. Anche questo», conclude, «è un dato su cui riflettere». (ITALPRESS)

Enrico Mentana si dimette da direttore del Tg La 7

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Enrico Mentana non è più il direttore del Tg La 7. Il giornalista in contrasto con il Cdr per la questione della mancata lettura del comunicato sindacale diffuso dalla Federazione della Stampa per esprimere solidarietà allo sciopero dei poligrafici che ha bloccato le rotative dei principali quotidiani. Ieri Mentana aveva detto “non leggo comunicati, do le notizie” parlando di “rituali” ai quali non intendeva attenersi.

Il comitato di redazione del Tg La 7 ha annunciato di voler denunciare il suo direttore per questa decisione e Mentana ha preso atto decidendo di dimettersi:

Ieri pomeriggio ho appreso dalle agenzie di essere stato denunciato alla magistratura ordinaria dal mio cdr. Ho atteso 24 ore per verificare eventuali ravvedimenti, che non ci sono stati. Essendo impensabile continuare a lavorare anche solo per un giorno con chi mi ha denunciato, rassegno da subito le dimissioni dalla direzione del Tg La7.

Questo quanto riportato da Tvblog.it

Parla una nuova pentita, 28 arresti. Pizzo anche per la fiction Squadra Antimafia

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Nonostante arresti e processi, vige ancora la legge del racket nel centro di Palermo. I nuovi padrini di Cosa nostra avrebbero imposto il pizzo anche alla produzione di “Squadra antimafia”, la fortunata serie di Canale 5 che ha come protagonisti Simona Cavallari, alias la commissaria Claudia Mares, e una…

pattuglia di coraggiosi poliziotti che lottano contro le cosche. Il capomafia, quello vero, Calogero Lo Presti, era riuscito ad accaparrarsi la gestione di alcuni servizi per la fiction: dalla fornitura dei pasti ai trasferimenti della troupe. Così, ai suoi picciotti diceva soddisfatto: “Questa è una fiction che dura cinque anni, se il signore ci lascia qua con i vivi, quale minchia di problema abbiamo”. Ma questa notte, Lo Presti è stato arrestato dai carabinieri del Reparto Operativo. Le manette sono scattate anche per altri 22 esponenti del clan di Porta Nuova, per altre 6 persone i provvedimenti sono stati notificati in carcere.

A incastrare i boss non ci sono soltanto migliaia di ore intercettazioni, ma anche le rivelazioni di una nuova pentita di mafia. Fino a qualche mese fa, Monica Vitale, 28 anni, era l’amante di un boss del Borgo Vecchio, Gaspare Parisi, arrestato a luglio: qualche giorno dopo, alcuni mafiosi le iniziarono a chiedere conto e ragione della gestione poco trasparente della

cassa del clan, curata dal suo uomo, che si sarebbe appropriato di somme di denaro di Cosa nostra. A settembre, Monica Vitale è fuggita da Palermo. Poi, sentitasi braccata dai boss, si è presentata in una caserma dei carabinieri. E così ha iniziato il suo lungo racconto davanti al procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e ai sostituti Maurizio Agnello, Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco.

Le indagini
La nuova pentita racconta di non essere stata soltanto la compagna di un mafioso. Svela di aver raccolto anche il pizzo per conto della famiglia mafiosa di Porta Nuova, fra i negozi più esclusivi del centro città. È una vera novità nella galassia di Cosa nostra palermitana, ma i magistrati e gli investigatori non hanno alcun dubbio sull’attendibilità della Vitale, anche perché molti dei nomi dei mafiosi finiti a verbale erano già emersi dalle intercettazioni.

La Vitale ha svelato anche i retroscena del delitto di Enzo Fragalà, l’avvocato ex deputato di An che la sera del 23 febbraio 2010 fu picchiato selvaggiamente da un uomo. La pentita sostiene di aver saputo dal suo amante che ci sono i boss di Porta Nuova dietro l’omicidio: uno in particolare, l’attuale reggente del mandamento, Tommaso Di Giovanni, anche lui finito in manette questa notte, con l’accusa di associazione mafiosa. Secondo la ricostruzione offerta da Monica Vitale, Enzo Fragalà avrebbe pagato per un comportamento ritenuto poco rispettoso nei confronti della moglie di un suo cliente detenuto per furto. Da lì, si sarebbe innescata una catena di lamentele, giunte poi all’orecchio del capomafia, che avrebbe ordinato una punizione esemplare. E’ una versione ancora tutta da verificare: i magistrati e i carabinieri del nucleo Investigativo sono a caccia di riscontri.

Il blitz

Con Lo Presti e Di Giovanni, i carabinieri guidati dal tenente colonnello Paolo Piccinelli e dal maggiore Antonio Coppola hanno arrestato anche Antonino Zarcone, Nicolò Milano, Vincenzo Coniglio, Giuseppe Di Marco, Antonino Lo Iacono, Gabriele Buccheri, Maurizio Pecoraro, Daniele Lauria, Agostino Catalano, Rodolfo Allicate, Francesco Paolo Putano, Giuseppe Auteri, Giovanni Giammona, Giovanni Lo Giudice, Domenico Marino, Matteo Rovetto, Salvatore Sampino, Giusppe Giustino Rizzo, Fabrizio e Giovanni Toscano. Milano ha tentato di fuggire, lanciandosi dalla tromba delle scale: si è fratturato le gambe e un braccio, adesso ricoverato all’ospedale Civico, sotto scorta. (REPUBBLICA PALERMO)