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Squadra Antimafia 4, stasera ultima puntata col fiato sospeso

QUADRO NEWS.pngUltima puntata, questa sera in prima serata su Canale 5, per “Squadra antimafia – Palermo oggi” che, giunta alla quarta stagione, ha fatto centro nuovamente nel cuore dei telespettatori. Un finale col fiato sospeso e ricco di colpi di scena dove molti nodi arriveranno al pettine: in particolare Rosy (Giulia Michelini) si salverà o si sacrificherà per salvare Domenico Calcaterra (Marco Bocci)?

Dopo aver affrontato la sua acerrima nemica per scoprire qual è la minaccia che grava sulla vita del vice questore Calcaterra, Rosy Abate deve continuare a lottare contro il tempo e contro la volontà del magistrato Antonucci, per riuscire nella difficile impresa di salvarlo. Si salverà Calcaterra? E se sì, lo aiuterà proprio Rosy o… qualcun’altro?

Una serie che è riuscita a legare il pubblico a suon di colpi di scena e di un intreccio che ha creato personaggi forti. Una stagione importante, con la crescita del ruolo di Marco Bocci e la scomparsa (definitiva?) di Claudia Mares (Simona Cavallari), uccisa in un attentato (ma sarà davvero così?).

Merito anche della grande intesa dei protagonisti sul set, un’intesa che ha portato persino al nascere di gossip su un amore tra i due anche fuori dalla finzione scenica. Voci puntualmente smentite dallo stesso Bocci nel corso di un’intervista radiofonica. “No, lo dicono tutti, siamo solo molto, molto amici – ha detto -. Lei ha detto che è gelosa di me? Lo so, l’ho sentito, ma non siamo fidanzati, non sono né fidanzato né fidanzatissimo”.

Il successo di questa quarta stagione della serie, costantemente programma più visto con uno share regolarmente attorno al 18/20%, ha fatto sì che in cantiere ci sia già la quinta. Ritroveremo Giuliana Michelini? E Simona Cavallari farà un ritorno a sorpresa? E queste e ad altre domande, le prime risposte arriveranno dall’epilogo di questa sera. (TGCOM)

Palermo, cocaina sul set di Squadra Antimafia. Ex poliziotto svelava blitz, ecco tutti gli arrestati

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I carabinieri del comando provinciale di Palermo hanno eseguito 28 arresti di boss, gregari ed estortori di Cosa Nostra. Per 22 indagati la Dda del capoluogo ha emesso provvedimenti di fermo per associazione mafiosa finalizzata alle estorsioni, al traffico di droga e alle rapine; per altre sei persone, già detenute per mafia, è stata disposta la custodia cautelare in carcere…

Ci sarebbe anche un ex investigatore, un agente di polizia in pensione, tra gli arrestati. Secondo gli investigatori avrebbe avvertito il capomafia Calogero Lo Presti di indagini e blitz in programmazione contro il clan. L’indagine ricostruisce l’organigramma dei mandamenti di Porta Nuova e Bagheria. Dall’inchiesta emergono gli stretti rapporti tra i mafiosi di Porta Nuova e le famiglie palermitane di Pagliarelli, Brancaccio, Noce e Tommaso Natale.

ESTORSIONI E COCAINA. Parte dell’indagine riguarda il mandamento di Bagheria: gli investigatori ne hanno individuato i vertici e hanno ricostruito la mappa del racket nella zona, principale attività di guadagno della cosca. Il consueto stipendio mensile era ritenuto troppo oneroso: per questo i boss di Porta Nuova avevano deciso di sostentare le famiglie dei mafiosi detenuti assegnandogli una attività economica da gestire: un bar, un tabacchi. Cosa nostra, dunque, pensava di investire denaro in attività lecite che diventassero, poi, fonte di guadagno per i “picciotti” liberandosi così, dalla dazione mensile.

Dall’inchiesta è emerso anche un ritorno della mafia a investire il denaro sporco nel narcotraffico: i boss acquistavano cocaina da vendere sul mercato siciliano attraverso una rete di spacciatori capillarmente controllata. Tra i fermati ci sono gli attuali capi dei mandamenti di Porta Nuova e Bagheria. La scelta di un provvedimento d’urgenza come il fermo nasce dall’esigenza di bloccare le attività estorsive della cosca ed evitare danneggiamenti e attentati a imprenditori e commercianti. A differenza di quanto accaduto in altre indagini, le vittime del pizzo questa volta avrebbero collaborato con gli investigatori.

FICTION NEL MIRINO DEI BOSS. Anche la produzione della nota fiction Mediaset “Squadra antimafia Palermo Oggi” era finita nel mirino del racket del clan di Portanuova che aveva il controllo del catering e dei trasporti della serie televisiva. Dall’inchiesta chiamata “Pedro” perché il boss del quartiere, Calogero Lo Presti, era noto come lo zio Pietro, vengono fuori i nomi dei vertici del mandamento: tra questi il numero due del boss Tommaso di Giovanni. Era lui, secondo la collaboratrice di giustizia Monica Vitale, a tenere le casse della cosca.

Il clan di Porta Nuova era, inoltre, il “fornitore ufficiale” della cocaina sul set della fiction. Il pusher era Giovanni Giammona. Alcuni tecnici della produzione lo contattavano al telefono ordinandogli le dosi di droga e usando un linguaggio in codice: “Volevo sapere se… che ne so… tanto il furgone hai visto dov’è, io sono sempre là… dove mi hai visto l’altro giorno. Una fotocopia così…”. A volte la qualità non era buona: “…mi vuoi proprio male a me? Ma male… no, la fotocopia mia non… non è uguale a… non si vede proprio! no, ma non è proprio uguale a quelle altre fotocopie, come mai?…”. Un altro uomo della produzione era interessato all’acquisto di più dosi: “…ora ti chiama adesso… non lo so vogliono fare… una bella spesa…”. I carabinieri hanno assistito alla consegna della cocaina, sequestrata nel vano sottosella di uno scooter.

IL BATTESIMO MAFIOSO. La tradizionale affiliazione a Cosa nostra con tanto di santino che brucia resiste nel tempo. La pentita Monica Vitale, che ha contribuito all’indagine antimafia che ha portato in cella 28 persone, racconta di avere saputo da Gaspare Parisi, suo compagno e reggente della “famiglia” di Porta Nuova, i dettagli della cerimonia.

“Mi ha raccontato Parisi – dice la donna ai pm – su questo signore (Calogero Lo Presti, capo del mandamento, ndr), mi ha detto che è stato lui a battezzarlo insieme a Masino Di Giovanni nel suo garage di appartenenza in via Danisinni. Parisi prima del battesimo mi aveva chiesto di accompagnarlo a comprare un vestito da cerimonia, perché loro mettono il vestito da cerimonia e io stessa gli ho detto che mi seccava, perché a me non piace, se mi devo andare a comprare un jeans va bene, ma un vestito da cerimonia no”.

“Gli ho detto: no, mi secca gli ho detto a cosa gli serviva e lui mi ha detto: niente, perché tra poco mi battezzano – prosegue – Gli ho fatto i miei auguri anche se ero contraria, perché lo so che dopo il battesimo non si può più uscire da questa strada tranne se non prendi altre strade… la cerimonia è avvenuta a pranzo, perché l’hanno fatta a pranzo, dove arrostiscono dopo il battesimo, fanno festa… parlandone con Parisi si parlava di questo, è normale che stringono una santa, lo pungono, con chi lo battezza io ero curiosa alla cosa e lui mi ha detto che avviene che si mette il capomandamento e altri capimandamenti, capifamiglia e chi lo battezza si ci mette accanto, prende sta santina, la brucia, poi lo punge, si mettono a contatto o le dita o i polsi, quello che pungono, si baciano in bocca, dove viene detta una frase, però non lo so la frase, questo è il battesimo”.

EX POLIZIOTTO SVELAVA PEDINAMENTI E BLITZ. Il clan di Porta Nuova poteva contare su una talpa. Si tratta di Matteo Rovetto, 58 anni, poliziotto in pensione della sezione antirapina della Squadra Mobile, accusato di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e arrestato questa mattina nell’operazione che ha colpito il clan di Porta Nuova. Aveva la passione per l’orto che coltivava a pochi passi dalla stalla dove Calogero Lo Presti convocava i summit di mafia. Una mattina di settembre 2010 Rovetto racconta al capomafia di essere stato pedinato: “E’ l’antirapina c’è questa e quella amaranto”. Rovetto conosce pure il poliziotto che è a bordo: “… era con me nell’antirapina… eravamo assieme… però ti dico una cosa i coglioni non li rompe…”. Rovetto racconta a Lo Presti di avere aiutato in passato anche degli spacciatori: “Li vedi che ci sono i falchi l’altra volta al Secco io l’ho salvato. Ti giuro a me che la roba ce la prendeva subito… levati che li hai di sopra, gli ho detto. Non lo vedi che quello è messo là sotto che ti sta guardando…
dice grazie zu Matteo, dice mi ha scansato le manette…”.

Rovetto racconta anche di aver confidato a “Masino” (Tommaso Lo Presti, capomafia n.d.r.) dell’arrivo di personale dei reparti speciali della Polizia da Roma che, munito di attrezzature particolari e con l’ausilio di telefonini, aveva iniziato a frequentare la zona per fotografare tutti. Nell’occasione l’ex poliziotto aveva consigliato addirittura di far spostare gli spacciatori che lavoravano davanti alla sua macelleria per una quindicina di giorni in modo da non dare assolutamente punti di riferimento certi e da non fare troppa confusione in zona: “L’altro giorno sono venuti per… sono venuti una decina da Roma … gli ho detto: Masino fai una cosa, vedi che per adesso c’è tutto a subbuglio, passano, hanno i telefonini e scattano le fotografie. Gli ho detto: per adesso questo punto toglilo… questo alla macelleria … gli ho detto vattene al bar di… allontanati qualche 15 giorni 20 giorni e non dare punti di riferimento”.

TUTTI GLI ARRESTATI. Calogero Lo Presti, Tommaso Di Giovanni, Antonino Zarcone, Nicolò Milano, Vincenzo Coniglio, Giuseppe Di Marco, Antonino Lo Iacono, Gabriele Buccheri, Maurizio Pecoraro, Daniele Lauria, Agostino Catalano, Rodolfo Allicate, Francesco Paolo Putano, Giuseppe Auteri, Giovanni Giammona, Gaspare Parisi, Ivano Parrino, Francesco Chiarello, Nunzio La Torre, Giovanni Lo Giudice, Domenico Marino, Christian Mancino, Matteo Rovetto, Salvatore Sampino, Giovanni Mannino, Giustino Giuseppe Rizzo, Fabrizio e Giovanni Toscano. (LA SICILIA)

Parla una nuova pentita, 28 arresti. Pizzo anche per la fiction Squadra Antimafia

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Nonostante arresti e processi, vige ancora la legge del racket nel centro di Palermo. I nuovi padrini di Cosa nostra avrebbero imposto il pizzo anche alla produzione di “Squadra antimafia”, la fortunata serie di Canale 5 che ha come protagonisti Simona Cavallari, alias la commissaria Claudia Mares, e una…

pattuglia di coraggiosi poliziotti che lottano contro le cosche. Il capomafia, quello vero, Calogero Lo Presti, era riuscito ad accaparrarsi la gestione di alcuni servizi per la fiction: dalla fornitura dei pasti ai trasferimenti della troupe. Così, ai suoi picciotti diceva soddisfatto: “Questa è una fiction che dura cinque anni, se il signore ci lascia qua con i vivi, quale minchia di problema abbiamo”. Ma questa notte, Lo Presti è stato arrestato dai carabinieri del Reparto Operativo. Le manette sono scattate anche per altri 22 esponenti del clan di Porta Nuova, per altre 6 persone i provvedimenti sono stati notificati in carcere.

A incastrare i boss non ci sono soltanto migliaia di ore intercettazioni, ma anche le rivelazioni di una nuova pentita di mafia. Fino a qualche mese fa, Monica Vitale, 28 anni, era l’amante di un boss del Borgo Vecchio, Gaspare Parisi, arrestato a luglio: qualche giorno dopo, alcuni mafiosi le iniziarono a chiedere conto e ragione della gestione poco trasparente della

cassa del clan, curata dal suo uomo, che si sarebbe appropriato di somme di denaro di Cosa nostra. A settembre, Monica Vitale è fuggita da Palermo. Poi, sentitasi braccata dai boss, si è presentata in una caserma dei carabinieri. E così ha iniziato il suo lungo racconto davanti al procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e ai sostituti Maurizio Agnello, Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco.

Le indagini
La nuova pentita racconta di non essere stata soltanto la compagna di un mafioso. Svela di aver raccolto anche il pizzo per conto della famiglia mafiosa di Porta Nuova, fra i negozi più esclusivi del centro città. È una vera novità nella galassia di Cosa nostra palermitana, ma i magistrati e gli investigatori non hanno alcun dubbio sull’attendibilità della Vitale, anche perché molti dei nomi dei mafiosi finiti a verbale erano già emersi dalle intercettazioni.

La Vitale ha svelato anche i retroscena del delitto di Enzo Fragalà, l’avvocato ex deputato di An che la sera del 23 febbraio 2010 fu picchiato selvaggiamente da un uomo. La pentita sostiene di aver saputo dal suo amante che ci sono i boss di Porta Nuova dietro l’omicidio: uno in particolare, l’attuale reggente del mandamento, Tommaso Di Giovanni, anche lui finito in manette questa notte, con l’accusa di associazione mafiosa. Secondo la ricostruzione offerta da Monica Vitale, Enzo Fragalà avrebbe pagato per un comportamento ritenuto poco rispettoso nei confronti della moglie di un suo cliente detenuto per furto. Da lì, si sarebbe innescata una catena di lamentele, giunte poi all’orecchio del capomafia, che avrebbe ordinato una punizione esemplare. E’ una versione ancora tutta da verificare: i magistrati e i carabinieri del nucleo Investigativo sono a caccia di riscontri.

Il blitz

Con Lo Presti e Di Giovanni, i carabinieri guidati dal tenente colonnello Paolo Piccinelli e dal maggiore Antonio Coppola hanno arrestato anche Antonino Zarcone, Nicolò Milano, Vincenzo Coniglio, Giuseppe Di Marco, Antonino Lo Iacono, Gabriele Buccheri, Maurizio Pecoraro, Daniele Lauria, Agostino Catalano, Rodolfo Allicate, Francesco Paolo Putano, Giuseppe Auteri, Giovanni Giammona, Giovanni Lo Giudice, Domenico Marino, Matteo Rovetto, Salvatore Sampino, Giusppe Giustino Rizzo, Fabrizio e Giovanni Toscano. Milano ha tentato di fuggire, lanciandosi dalla tromba delle scale: si è fratturato le gambe e un braccio, adesso ricoverato all’ospedale Civico, sotto scorta. (REPUBBLICA PALERMO)

Vergine Maria, i residenti: “Squadra Antimafia rovina la tonnara”

QUADRO NEWS.pngI residenti di Vergine Maria, a Palermo, contro la fiction targata mediaset «Squadra Antimafia». Motivo del contendere? I presunti danneggiamenti alla tonnara da parte della troupe, che al momento sta lavorando alle riprese della prossima serie. A far levare il coro di proteste le attrezzature usate durante…

i primi ciak che – a detta degli abitanti della borgata – avrebbero danneggiato alcune delle «muciare», le tradizionali imbarcazioni in legno usate per la pesca del tonno, e dei vascelli che «riposano» sull’arenile della tonnara. Sul banco degli imputati gru, carrelli e dolly il braccio meccanico che permette di realizzare riprese dall’alto. Mentre i cittadini alzano la voce la produzione dal canto suo ha ricevuto l’autorizzazione del Comune e dal proprietario del bene.

Dalla sovrintendenza dicono che, durante le riprese, non è arrivata nessuna segnalazione e garantiscono che in caso di danneggiamenti sarebbero intervenuti. I presunti danneggiamenti da parte della troupe di Squadra Antimafia sono però soltanto la goccia che ha fatto traboccare il vaso della protesta da parte degli abitanti della borgata. La tonnara di Vergine Maria infatti, versa da anni in uno stato di completo abbandono, e da tempo ormai gli abitanti chiedono che si faccia qualcosa per recuperarla. Soltanto due delle sette muciare che sono abbandonate sull’arenile sono al momento recuperabili e il movimento «Vergine Maria si riprende il suo territorio» chiede da tempo il recupero degli antichi vascelli e dei beni etno-antropologici relativi alla pesca del tonno. Dalla sovrintendenza fanno sapere che c’è stato più di un interessamento per il recupero, quello che manca sono i fondi: le casse sono vuote e al momento l’istituzione non ha i soldi neanche per intervenire sulla manutenzione dei beni di sua proprietà. Il proprietario del bene aveva già ottenuto l’autorizzazione alla copertura della darsena, successivamente aveva chiesto che il piano fosse modificato per accedere a dei finanziamenti europei ma della realizzazione dell’opera nessuna notizia. (ITALPRESS)