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Parla una nuova pentita, 28 arresti. Pizzo anche per la fiction Squadra Antimafia

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Nonostante arresti e processi, vige ancora la legge del racket nel centro di Palermo. I nuovi padrini di Cosa nostra avrebbero imposto il pizzo anche alla produzione di “Squadra antimafia”, la fortunata serie di Canale 5 che ha come protagonisti Simona Cavallari, alias la commissaria Claudia Mares, e una…

pattuglia di coraggiosi poliziotti che lottano contro le cosche. Il capomafia, quello vero, Calogero Lo Presti, era riuscito ad accaparrarsi la gestione di alcuni servizi per la fiction: dalla fornitura dei pasti ai trasferimenti della troupe. Così, ai suoi picciotti diceva soddisfatto: “Questa è una fiction che dura cinque anni, se il signore ci lascia qua con i vivi, quale minchia di problema abbiamo”. Ma questa notte, Lo Presti è stato arrestato dai carabinieri del Reparto Operativo. Le manette sono scattate anche per altri 22 esponenti del clan di Porta Nuova, per altre 6 persone i provvedimenti sono stati notificati in carcere.

A incastrare i boss non ci sono soltanto migliaia di ore intercettazioni, ma anche le rivelazioni di una nuova pentita di mafia. Fino a qualche mese fa, Monica Vitale, 28 anni, era l’amante di un boss del Borgo Vecchio, Gaspare Parisi, arrestato a luglio: qualche giorno dopo, alcuni mafiosi le iniziarono a chiedere conto e ragione della gestione poco trasparente della

cassa del clan, curata dal suo uomo, che si sarebbe appropriato di somme di denaro di Cosa nostra. A settembre, Monica Vitale è fuggita da Palermo. Poi, sentitasi braccata dai boss, si è presentata in una caserma dei carabinieri. E così ha iniziato il suo lungo racconto davanti al procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e ai sostituti Maurizio Agnello, Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco.

Le indagini
La nuova pentita racconta di non essere stata soltanto la compagna di un mafioso. Svela di aver raccolto anche il pizzo per conto della famiglia mafiosa di Porta Nuova, fra i negozi più esclusivi del centro città. È una vera novità nella galassia di Cosa nostra palermitana, ma i magistrati e gli investigatori non hanno alcun dubbio sull’attendibilità della Vitale, anche perché molti dei nomi dei mafiosi finiti a verbale erano già emersi dalle intercettazioni.

La Vitale ha svelato anche i retroscena del delitto di Enzo Fragalà, l’avvocato ex deputato di An che la sera del 23 febbraio 2010 fu picchiato selvaggiamente da un uomo. La pentita sostiene di aver saputo dal suo amante che ci sono i boss di Porta Nuova dietro l’omicidio: uno in particolare, l’attuale reggente del mandamento, Tommaso Di Giovanni, anche lui finito in manette questa notte, con l’accusa di associazione mafiosa. Secondo la ricostruzione offerta da Monica Vitale, Enzo Fragalà avrebbe pagato per un comportamento ritenuto poco rispettoso nei confronti della moglie di un suo cliente detenuto per furto. Da lì, si sarebbe innescata una catena di lamentele, giunte poi all’orecchio del capomafia, che avrebbe ordinato una punizione esemplare. E’ una versione ancora tutta da verificare: i magistrati e i carabinieri del nucleo Investigativo sono a caccia di riscontri.

Il blitz

Con Lo Presti e Di Giovanni, i carabinieri guidati dal tenente colonnello Paolo Piccinelli e dal maggiore Antonio Coppola hanno arrestato anche Antonino Zarcone, Nicolò Milano, Vincenzo Coniglio, Giuseppe Di Marco, Antonino Lo Iacono, Gabriele Buccheri, Maurizio Pecoraro, Daniele Lauria, Agostino Catalano, Rodolfo Allicate, Francesco Paolo Putano, Giuseppe Auteri, Giovanni Giammona, Giovanni Lo Giudice, Domenico Marino, Matteo Rovetto, Salvatore Sampino, Giusppe Giustino Rizzo, Fabrizio e Giovanni Toscano. Milano ha tentato di fuggire, lanciandosi dalla tromba delle scale: si è fratturato le gambe e un braccio, adesso ricoverato all’ospedale Civico, sotto scorta. (REPUBBLICA PALERMO)

Strage Borsellino, la Corte d’appello sospende la pena per otto condannati

palermo,turismo,news,notizie,sicilia,estate,mare, strege borsellino, mafia, paolo borsellinoLa Corte d’appello di Catania respinge la richiesta di revisione del processo per la strage di via d’Amelio del 19 luglio 1992 e sospende però l’esecuzione della pena per otto imputati, sette dei quali condannati all’ergastolo.
L’istanza di revisione, presentata dal pg di Caltanissetta Roberto Scarpinato, è nata dalle nuove rivelazioni di Gaspare Spatuzza che ha chiamato in causa i fratelli Graviano di Brancaccio, riguardava…

Salvatore Profeta, Cosimo Vernengo, Giuseppe Urso, Giuseppe La Mattina, Natale Gambino, Gaetano Scotto, Gaetano Murana (condannati all’ergastolo) e Vincenzo Scarantino, il collaboratore di giustizia la cui sentenza a 20 anni è diventata definitiva nonostante la ritrattazione. E ancora Salvatore Candura, Salvatore Tomaselli e Giuseppe Orofino (condannati a pene fino a 9 anni) che hanno già espiato la condanna.

La versione di Scarantino determinante per le condanne all’ergastolo dei sette è stata ritenuta totalmente inattendibile dalle nuove indagini avviate dopo la collaborazione con la giustizia di Spatuzza e a Caltanissetta si procede anceh contro tre poliziotti del gruppo investigativo sulle stragi che avrebbero avallato la falsa ricostruzione di Scarantino. Secondo i giudici di Catania, però, occorre che ci sia una nuova sentenza con altri colpevoli, prima di potere revisionare

la sentenza sugli otto, Scarantino compreso. Intanto, però, al di là della questione tecnica, il verdetto di Catania segna un primo determinante traguardo sulla strada della verità sull’eccidio che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della sua scorta. (REPUBBLICA PALERMO)

Mafia, clan fiscalmente in regola: per il pizzo rilasciano anche lo scontrino

QUADRO NEWS.pngI Carabinieri di Palermo hanno eseguito a Ficarazzi, Bagheria e Agrigento, un decreto di sequestro beni per un valore complessivo pari a 8 milioni di euro, emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, nei confronti del capo della famiglia malavitosa capeggiata da Giovanni Trapani, detenuto con l’accusa di associazione mafiosa.

Il provvedimento patrimoniale fa seguito all’operazione antimafia «Iron Man», che il 5 agosto 2010 portò all’esecuzione di otto provvedimenti cautelari decapitando il vertice delle cosche mafiose di Ficarazzi. Tra i beni sequestrati, due aziende operanti nel settore dell’edilizia, la cui attività veniva imposta agli imprenditori locali a prezzi maggiorati. Le stesse imprese emettevano anche fatture a favore degli imprenditori estorti per dissimulare il pagamento del pizzo.

Le ispezioni condotte dai militari dell’Arma sui cantieri attivi nella zona di Ficarazzi hanno evidenziato come la maggior parte dei lavori edili e di movimento terra fossero riconducibili alle ditte di proprietà del clan: un vero e proprio monopolio imposto a scapito degli imprenditori edili, con prezzi superiori anche del 40% rispetto a quelli ordinariamente praticati nel settore. Ma le ditte venivano utilizzate anche per «regolarizzare il pizzo» sul piano fiscale. I versamenti periodici – concentrati soprattutto a Natale e Pasqua – venivano infatti mimetizzati nella forma di normali pagamenti per forniture e opere in subappalto. In buona sostanza, la mafia riusciva con questo escamotage a emettere «regolare» scontrino anche per il pizzo. (CORRIERE DEL MEZZOGIORNO)

Lo Verso: “Provenzano mi parlò delle stragi, sapevano solo lui, Riina e Andreotti”

QUADRO NEWS.pngÈ cominciata nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo la deposizione del pentito Stefano Lo Verso, ex boss di Ficarazzi, oggi teste d’accusa al processo al generale dei carabinieri Mario Mori e al colonnello dell’Arma Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento alla mafia. Il collaboratore di giustizia sta…

ripercorrendo le fasi del suo inserimento in Cosa nostra: «All’inizio non capii che la persona che mi avevano detto di ospitare a casa era Provenzano. Quando ebbi il sospetto che lo stesso Provenzano mi confermò, mi spaventai. Ma lui mi tanquillizzò dicendomi: «Sono stato sempre protetto. Dai politici, dalle forze dell’ordine e da un potente dell’Arma”». «Anche se hanno arrestato Aiello (manager della sanità privata poi condannato per mafia)», avrebbe aggiunto poi il capomafia, «c’è Cuffaro che mantiene gli accordi e Nicola Mandalà (boss di Villabate) sa tutto». Così il collaboratore di giustizia nel 2004 ospitò il boss latitante nella casa della suocera.

IL PENTITO PARLA DI SCHIFANI E ROMANO – Lo Verso ha descritto Provenzano come un uomo «umile», «semplice», che si accontentava di poco. «Pregava tre volte al giorno -ha raccontato – E una volta lo portai in chiesa a Ficarazzi per prendere l’acqua benedetta che teneva in una bottiglietta». «A me non mi cerca nessuno»: avrebbe detto poi il boss a Lo Verso per tranquillizzarlo ulteriormente. E alla domanda del pentito se il potente dell’Arma che l’aveva protetto fosse un carabiniere il boss avrebbe risposto: «Sì un carabiniere. Meglio uno sbirro amico che un amico sbirro». «Dopo le stragi Marcello Dell’Utri si è messo in contatto con i miei uomini». Con queste parole, secondo il racconto di Lo Verso, Bernardo Provenzano avrebbe indicato nel senatore de Pdl l’interlocutore politico di Cosa nostra dopo il ’92. Il padrino gli avrebbe confidato che «Dell’Utri dopo gli attentati a Falcone e Borsellino prese il posto di Salvo Lima». Il boss avrebbe aggiunto di aver fatto votare Dell’Utri nel 1994. «Nicola Mandalà mi disse che avevano nelle mani Schifani, Dell’Utri, Cuffaro e Romano». «Mandalà me lo disse», continua il pentito, «per tranquillizzarmi perchè io avevo dei problemi per la realizzazione di una chiesa a Ficarazzi. Allora lui mi rassicurò dicendomi che eravamo coperti a livello nazionale e locale». Il mafioso avrebbe rivelato a Lo Verso anche che Renato Schifani, ora presidente del Senato, era socio di suo padre, Nino Mandalà, recentemente condannato per mafia.

PROVENZANO: ANDREOTTI SAPEVA DELLE STRAGI – «Le stragi sono state la rovina. In pochi sappiamo la verità: io, Totuccio e Andreotti». Confidandosi con Lo Verso, Bernarndo Provenzano si sarebbe lamentato della strategia stragista di Cosa nostra cominciata con gli attentati a Falcone e Borsellino. Provenzano avrebbe detto, nel 2004, al pentito che altri due depositari dei segreti sulle stragi erano morti: «Salvo Lima che è stato ucciso perchè non voleva gli attentati e Vito Ciancimino che forse è stato assassinato». «Io – avrebbe detto poi il boss – non mi potevo mettere contro il mio paesano che aveva deciso che le stragi si dovevano fare per fare un favore ad Andreotti che lo aveva garantito per una vita». Il boss avrebbe anche rivelato a Lo Verso che «lo Stato sa chi ha fatto le stragi». (CORRIERE DEL MEZZOGIORNO)

Confcommercio: “Fuori chi non denuncia il pizzo”

palermo,turismo,news,notizie,sicilia,estate,mare, mafia, pizzoGli imprenditori siciliani che pagano il pizzo senza denunciarlo saranno sospesi da Confcommercio. Chi verrà condannato in via definitiva per reati di mafia sarà espulso. E i nomi delle aziende virtuose saranno resi noti tra un paio di mesi con una campagna su giornali, manifesti e Internet. È la svolta impressa dal nuovo codice etico approvato due…

giorni fa all’unanimità dai vertici delle nove associazioni provinciali che fanno capo a Confcommercio Sicilia. Undici articoli che inaspriscono le regole per entrare a far parte dell’associazione e che impegnano i soci a “rifiutare ogni rapporto con le organizzazioni mafiose”, a prendere le distanze anche dalla “mafia dei colletti bianchi” e dai reati di “corruzione e turbativa d’asta”.

I primi chiamati a firmare le nuove regole sono i duemila dirigenti dell’associazione: presidenti, segretari, funzionari. I nomi di questi imprenditori saranno resi noti entro Natale. Ma l’appello a rinunciare alle connivenze con il sistema mafioso è lanciato a tutte le 80 mila imprese dell’associazione, dai piccoli esercizi agli ipermercati, dagli albergatori alle imprese di trasporto. Potranno presentarsi da oggi nelle sedi delle associazioni provinciali e firmare il nuovo codice, mentre i nuovi iscritti saranno obbligati a farlo al momento dell’adesione. Per i vecchi associati l’ultimatum scade a fine anno, insieme con il termine delle iscrizioni: chi non firma sarà fuori dal sistema associativo. Inaspriti anche i provvedimenti disciplinari per gli indagati.

“La sospensione scatterà subito nel caso in cui l’imprenditore sia rinviato a giudizio per reati di associazione mafiosa – spiega Pietro Agen, presidente di Confcommercio Sicilia – l’espulsione sarà definitiva in caso di condanna”.

La campagna per la legalità, a una settimana dalle dimissioni collegiali dal parlamentino di Confcommercio Palermo, ha fatto superare le divergenze storiche tra il numero uno di Confcommercio Sicilia e il presidente uscente della federazione palermitana, Roberto Helg, in attesa di riconferma. Più diplomatico Helg sulle scelte del governo Lombardo, più duro Agen che non ha mancato di attaccare il governatore sulla mancanza di provvedimenti regionali contro la crisi. Helg, come gli altri dirigenti uscenti, ha firmato il nuovo codice, e la sua vice Rosanna Montalto, che ha la delega alla Legalità, ha contribuito alla stesura.

Sia Helg che la Montalto rivendicano all’associazione palermitana il primato della battaglia contro il pizzo. “Prevediamo l’espulsione già dal 2005 – dice il presidente – e da anni ci costituiamo parte civile nei processi di mafia”. “Negli ultimi sei anni l’applicazione delle norme etiche – incalza la Moltalto – ha portato a quattro sospensioni di soci rinviati a giudizio per favoreggiamento e a nove espulsioni per condanne”. E se nelle varie province i presidenti stanno già convocando dirigenti e associati perché firmino il patto e c’è chi come Sandro Romano, a capo della federazione siracusana, si impegna “a pubblicare al più presto i nomi delle imprese che hanno detto no al racket, anche per orientare i consumatori”, un plauso all’iniziativa arriva dal presidente nazionale, Carlo Sangalli: “Mi auguro – dice – che lo stesso percorso sia intrapreso dalle altre realtà regionali”. (REPUBBLICA PALERMO)

Le mani della mafia sui rifiuti, tre arresti a Palermo

palermo,turismo,news,notizie,sicilia,estate,mare, mafia, rifiutiPer anni sono stati i leader nel settore della manutenzione delle linee elettriche. Grazie ai prezzi imbattibili la Euteco srl, impresa del capomafia palermitano Giuseppe Liga è riuscita a sbaragliare la concorrenza aggiudicandosi decine di appalti dall’Enel e dalla Gemmo spa. Ma dietro alle competitive offerte praticate dall’azienda c’era il trucco: in pratica la Euteco abbatteva i costi di smaltimento dei…

rifiuti speciali semplicemente interrando il materiale in una mega discarica abusiva. Nessuna spesa di smaltimento e di conseguenza prezzi stracciati che rendevano l’impresa insuperabile.
Il boss e due amministratori della ditta, Agostino Carollo e Amedeo Sorvillo, sono ora indagati per violazioni in materia ambientale aggravate dall’aver agevolato Cosa Nostra. Sorvillo e Carollo sono stati arrestati, Liga era già detenuto. I carabinieri del Noe, anche grazie alle intercettazioni, hanno scoperto due siti in cui i rifiuti speciali venivano sepolti: l’accumulo di batterie al piombo molto nocive, asfalto, cavi elettrici e plastiche ha determinato un innalzamento del terreno di circa tre metri. Dall’inchiesta è emerso che in una prima fase la Euteco ha ottenuto da un laboratorio di analisi compiacente, poi chiuso, documenti falsi che attestavano origine e natura dei rifiuti ed escludevano si trattasse di materiale pericoloso. In questo modo l’azienda non era tenuta a smaltirlo come prevede la legge in caso di rifiuti nocivi e quindi abbatteva i costi. Dal 2006 in poi l’impresa non ha prodotto alcun certificato all’Arpa, l’agenzia dell’ambiente, che non avrebbe effettuato alcun controllo sull’attività della ditta. (GDS)

Mafia, assolto in appello il postino di Provenzano

palermo,turismo,news,notizie,sicilia,estate,mare, mafia, postino provenzano, Era accusato di avere fatto da postino al capomafia Bernardo Provenzano durante la latitanza, portandogli i “pizzini” e permettendogli così di tenere i contatti con i clan: Simone Castello, difeso dall’avvocato Raffaele Bonsignore, condannato in primo grado a 9 anni e 6 mesi, è stato assolto oggi dalla corte d’appello di Palermo e scarcerato. Scagionati anche Cristoforo Morici, che aveva avuto 5 anni e 4 mesi, e…

Leonardo Ficano, condannato in primo grado a 2 anni e 10 mesi, assistito dall’avvocato Salvo Priola. Morici era già stato scarcerato dopo la richiesta di assoluzione del pg. Ficano é uscito di prigione dopo la lettura del verdetto. Altro colpo di scena della sentenza è la non concessione dell’attenuante della collaborazione con la giustizia al neopentito Stefano Lo Verso a cui però è stata lievemente ridotta la pena: in primo grado aveva avuto 6 mesi in continuazione con una precedente sentenza, oggi ne ha avuti 4 (in tutto dovrà scontare 5 anni). Lo Verso è ritenuto uno dei collaboratori più importanti degli ultimi anni e ha gestito parte della latitanza di Provenzano. Pene confermata invece per Onofrio Morreale condannato a un anno in continuazione con una vecchia pena (in tutto aveva avuto 12 anni e 11 mesi) e Giuseppe Comparetto che aveva avuto un anno in continuazione con una vecchia condanna, quindi in tutto 5 anni e 8 mesi. Mentre a Massimiliano Ficano è stata tolta l’aggravante della qualità di capomafia e scontata la pena da 12 anni a otto anni e otto mesi. Gli imputati sono stati arrestati nell’ambito dell’indagine denominata “Crash” e rispondevano, a vario titolo, di associazione mafiosa finalizzata alle estorsioni, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni. L’operazione prende il nome da un’officina per la demolizione delle auto da dove partirono le indagini condotte tra il 2005 e il 2006. Il giudice ha anche disposto la restituzione a Castello della Sicil Fruit, una società di import-export di frutta ed ortaggi del valore di circa 2 milioni e mezzo di euro. (GDS)

Palermo, colla nelle serrature in 4 negozi di via Goethe

QUADRO NEWS.pngCi sarebbe il racket delle estorsioni dietro i danneggiamenti subiti dai titolari di quattro esercizi commerciali di via Goethe, strada a due passi dal tribunale di Palermo, che ieri mattina hanno trovato la colla nelle serrature dei loro negozi. Sulla vicenda indaga la polizia che ha ascoltato le vittime nella giornata di…

ieri. I titolari degli esercizi hanno sostenuto di non avere subito richieste di pizzo. Fra i negozi colpiti, un panificio, un’agenzia di credito, un negozio di mobili e un fioraio. (CORRIERE DEL MEZZOGIORNO)

Professionisti contro la mafia, ecco i primi 1000 iscritti

QUADRO NEWS.pngSono 1043 i professionisti di Palermo che finora hanno sottoscritto il manifesto di “Professionisti liberi”, il comitato fondato da Addiopizzo e Libero Futuro che riunisce esponenti delle diverse professioni che intendono combattere il racket delle estorsioni e Cosa nostra partendo dalla difesa in prima persona…

dell’etica professionale. Il comitato debutterà sabato mattina al Teatro Biondo. “La lotta al racket delle estorsioni e a Cosa nostra sarà più efficace se a fianco degli imprenditori e dei consumatori ci saranno anche i professionisti – spiega il comitato a proposito dell’iniziativa – al Teatro Biondo di Palermo, il prossimo 15 ottobre, celebriamo l’autofondazione di questo nuovo movimento e a quattro anni dalla presentazione di Libero Futuro torneremo a riempire di persone e di emozioni uno degli spazi culturali più prestigiosi della città”. Già oltre mille professionisti hanno sottoscritto il manifesto che si trova al sito www.professionistiliberi.org, attraverso il quale si può anche aderire online.

LEGGI/L’ELENCO

L’adesione avviene tramite la compilazione di un form nel quale indicare tutte le informazioni relative alla propria attività. “Sabato 15 renderemo pubblico l’elenco dei sottoscrittori – spiega ancora il comitato – che sono in maggioranza di Palermo ma ben presto, anche grazie al sostegno della

Fai (Federazione antiracket italiana), ne aderiranno molti altri da tutta Italia”. Il manifesto può essere sottoscritto anche dai professionisti non iscritti agli albi, dai dipendenti pubblici o privati, dai laureati ed i diplomati in materie professionali (geometri, ragionieri, periti ….), dagli insegnanti e da tutti coloro che svolgono un’attività professionale individuale. (REPUBBLICA PALERMO)

Mafia, Brusca: “Trattativa con lo Stato avviata dopo la strage di Capaci”

palermo,turismo,news,notizie,sicilia,estate,mare, mafia, In carcere ha avuto tempo per pensare e fare chiarezza. E ora non ha più dubbi. La trattativa tra mafia e Stato fu avviata prima della strage in cui fu ucciso il giudice Borsellino. Chiede di tornare sul banco dei testi il pentito Giovanni Brusca per ribadire e precisare un particolare fondamentale nella ricostruzione del presunto patto stretto tra Cosa nostra e parti delle istituzioni. L’aveva già…

accennato il 18 maggio, lo ripete oggi con qualche particolare in più. La sede è sempre la stessa: il processo per favoreggiamento mafioso all’ex generale dei carabinieri Mario Mori, accusato di avere “mancato” la cattura del boss Bernardo Provenzano proprio in nome della trattativa cominciata con Riina, dicono gli investigatori, proseguita dopo il suo arresto con l’altro padrino corleonese a cui, in cambio della pax mafiosa, venne garantita una lunga impunità. Per i pm il dialogo tra mafia e Stato portato avanti almeno in una prima fase attraverso i carabinieri di Mori, venne avviata dopo l’uccisione di Falcone e prima dell’eccidio di via D’Amelio. Anzi la tentazione dello Stato di aprire un canale di dialogo con Cosa nostra sarebbe stata scoperta da Borsellino che sarebbe stato fermamente contrario al dialogo. E, forse, proprio per questo sarebbe stato assassinato. Una ricostruzione in cui la collocazione temporale della trattativa diventa fondamentale. “Tra la fine di giugno e i primi di luglio del 1992 – spiega Brusca – vidi Totò Riina a casa di Girolamo Guddo. C’era un summit a cui presero parte anche altri capi. Lui si appartò con me e mi disse che ‘si erano fatti sotto e che gli aveva presentato un papello cosi’ e con le mani mi fece capire che era una cosa lunghissima”. Parole che Brusca capì al volo: chi si “era fatto sotto” era lo Stato e il papello non era altro che un riassunto delle pretese del boss per stoppare la strategia stragista. Il pentito é certo che l’incontro avvenne prima di via D’Amelio ed elenca tutti gli episodi che lo convincono a collocare in quel momento storico il summit. Dal successivo incontro con Riina a Mazara del Vallo per progettare un duplice omicidio, a una riunione con l’autista del capomafia, Salvatore Biondino, che risale al 16 luglio. Allora Biondino gli riferì l’ordine di Riina di fermare tutti i progetti di attentati fatti prima – da quello all’ex ministro dc Mannino a quello al deputato Vizzini – e aggiunse che in quel momento avevano “per le mani un lavoro”. Tre giorni dopo il tritolo uccide Borsellino. Brusca e Riina si rivedono ad agosto. “Prima della riunione a casa di Guddo – assicura il pentito – non avevo sentito parlare di papello”. Ma le certezze di Brusca non convincono la difesa di Mori che contesta al collaboratore, recentemente finito sotto inchiesta per avere continuato a gestire affari attraverso prestanomi, una serie di anomalie. Come quella di aver ricordato solo ora, dopo anni dal suo pentimento, la collocazione temporale di fatti importanti come l’inizio della trattativa. Perplessità che sembra nutrire anche il tribunale che fa notare al teste come dalle sue deposizioni risulti che l’argomento papello venne trattato con Riina in una serie di occasioni. (GDS)