Archivi Mensili: ottobre 2011

Palermo, ruba moto della polizia davanti alla squadra mobile

QUADRO NEWS.pngUn paradossale caso di furto a Palermo: domenica notte le telecamere di videosorveglianza poste davanti alla squadra mobile del capoluogo siciliano hanno ripreso per due volte un uomo, jeans bianchi e maglietta scura, che rubava due Honda Chiocciola in dotazione alla polizia. Come riferito sulle pagine della Repubblica di Palermo, il ladro ha portato via le moto a mezz’ora di distanza l’una dall’altra, con…

 tutta calma. Successivamente si è dileguato in una stradina adiacente ed è sparito nel nulla

La sequenza sembra quella di un normale furto, come se ne denunciano tanti a Palermo, ma in questo caso le moto erano quelle in dotazione alle varie sezioni della Mobile per indagini in borghese, dalle rapine alla mafia, e il furto è avvenuto davanti al tempio delle investigazioni in città. All´ingresso della Boris Giuliano ogni giorno c´è la sorveglianza 24 ore su 24. I piantoni in servizio, per garantire la sicurezza attorno allo stabile, erano soliti essere sempre almeno tre. Da qualche tempo – raccontano i poliziotti – per colpa dei tagli decisi dal Viminale, c´è un solo agente che vigila davanti allo stabile e lo stesso agente deve anche controllare il monitor dove scorrono le riprese delle diverse telecamere posizionate intorno all´edificio. Domenica notte qualcosa non è andato come doveva, forse un colpo di sonno, oppure una distrazione. Sta di fatto che il piantone non si è accorto di nessuna anomalia nell´arco di quell´ora.

Il furto è stato interpretato con preoccupazione dai poliziotti di lungo corso: “Abbiamo paura – dicono alla Mobile – che questo colpo sia stato messo a punto per lanciare un segnale. Chi ha rubato le moto sa che sono della polizia. Così non si può andare avanti. Potrebbero mettere una bomba davanti all´ufficio e non se ne accorgerebbe nessuno». L´anno scorso una nota del Viminale aveva lanciato l´allarme per presunti progetti di attentati da parte di Cosa nostra. Nel mirino della mafia sarebbero finiti il palazzo di giustizia e la sede della squadra mobile. È per questo che il questore aveva disposto una vigilanza alternata con due volanti davanti alla Boris. Vigilanza che però, negli ultimi tempi, sarebbe cessata per mancanza di auto.

Dopo il furto si riaccende quindi la polemica sui tagli alla sicurezza. Soprattutto dopo che il 5 ottobre il Viminale aveva rifiutato di acquisire una moto Honda Sh 300 sequestrata in un blitz e messa a disposizione dal Tribunale. “La spesa per la rimessa in efficienza – ha scritto in una nota il ministero dell´Interno – è ritenuta eccessiva rispetto alle esigue disponibilità di fondi per la manutenzione”. Il mezzo è dunque rimasto all´autorità giudiziaria. “Per immatricolare una moto – spiega Giovanni Assenzio, segretario provinciale del Siulp – occorrono all´incirca 150 euro. Ebbene il governo non ha neanche quelli. Dopo le catture di grossi latitanti le risorse investite nella sicurezza sono sempre più esigue”. (TGCOM)

Rita Borsellino verso la candidatura per il nuovo sindaco

palermo,turismo,news,notizie,sicilia,estate,mare, rita borsellino, elezioni sindaco di palermo, politicaL’annuncio ufficiale non c’è ancora, e non arriverà prima della fine della settimana prossima, ma la candidatura di Rita Borsellino a sindaco di Palermo non sembra più in discussione. L’europarlamentare è in queste ore nel capoluogo siciliano e si sta confrontando con i familiari, non del tutto favorevoli ad…

un suo impegno diretto, ma è difficile immaginare che a questo punto si tiri indietro. L’unico nodo politico ancora da sciogliere riguarda la trattativa con l’ex sindaco Leoluca Orlando. Entrambi d’accordo nel non volersi sfidare alle primarie, i due big del centrosinistra palermitano cercano una sintesi: domenica scorsa hanno cenato insieme a Bruxelles e in queste ore dovrebbero incontrarsi nuovamente in città, prima che la Borsellino voli a Strasburgo per impegni legati alla sua attività di europarlamentare.

Il problema principale resta l’eventualità di maggioranze allargate: se da un lato la discesa in campo della Borsellino metterebbe la parola fine sull’alleanza Pd-Terzo Polo alle primarie, dall’altro resta aperta la questione delle alleanze in caso di ballottaggio. A «preoccupare» in queste ore i vertici Idv la relazione approvata dalla direzione regionale del Partito Democratico in cui si dice che: «Il Pd è impegnato nella maggioranza politica alla Regione e a costruire un’alleanza larga tra tutte le forze progressiste, moderate e autonomiste per battere la destra alle prossime elezioni amministrative. Per il Pd è prioritario un impegno straordinario del governo regionale per rispondere alle richieste delle parti sociali con nuove politiche per lo sviluppo e il lavoro. Avanzeremo in tal senso otto proposte al presidente della Regione per contrastare la crisi economica e sociale». Per questo Pippo Russo, segretario provinciale del partito, ribadisce la sua «assoluta contrarietà ad accordi né al primo turno né al ballottaggio con le forze del Terzo polo». La Borsellino dal canto suo difficilmente accetterebbe le ipotesi di maggioranze larghe che il Pd ancora tiene in piedi, per questo la trattativa con Orlando sembra ad un passo dalla risoluzione e il sì della sorella del giudice ucciso dalla mafia nel 1992 sembrerebbe sempre più vicino.

Chiusa la partita sul nome della Borsellino, che incasserebbe anche l’appoggio di Sinistra Ecologia e Libertà, resta aperto ancora il fronte dei «giovani» del centrosinistra. Davide Faraone, ricevuto l’endorsment del rottamatore Matteo Renzi, è destinato a fare una campagna in contrasto con i vertici del Pd, il suo partito; mentre Fabrizio Ferrandelli, di Idv, se Leoluca Orlando decidesse di appoggiare la candidatura Borsellino, è pronto ad aprire una frattura interna al partito, già inaugurata da alcuni botta e risposta. (ITALPRESS)

Lo Verso: “Provenzano mi parlò delle stragi, sapevano solo lui, Riina e Andreotti”

QUADRO NEWS.pngÈ cominciata nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo la deposizione del pentito Stefano Lo Verso, ex boss di Ficarazzi, oggi teste d’accusa al processo al generale dei carabinieri Mario Mori e al colonnello dell’Arma Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento alla mafia. Il collaboratore di giustizia sta…

ripercorrendo le fasi del suo inserimento in Cosa nostra: «All’inizio non capii che la persona che mi avevano detto di ospitare a casa era Provenzano. Quando ebbi il sospetto che lo stesso Provenzano mi confermò, mi spaventai. Ma lui mi tanquillizzò dicendomi: «Sono stato sempre protetto. Dai politici, dalle forze dell’ordine e da un potente dell’Arma”». «Anche se hanno arrestato Aiello (manager della sanità privata poi condannato per mafia)», avrebbe aggiunto poi il capomafia, «c’è Cuffaro che mantiene gli accordi e Nicola Mandalà (boss di Villabate) sa tutto». Così il collaboratore di giustizia nel 2004 ospitò il boss latitante nella casa della suocera.

IL PENTITO PARLA DI SCHIFANI E ROMANO – Lo Verso ha descritto Provenzano come un uomo «umile», «semplice», che si accontentava di poco. «Pregava tre volte al giorno -ha raccontato – E una volta lo portai in chiesa a Ficarazzi per prendere l’acqua benedetta che teneva in una bottiglietta». «A me non mi cerca nessuno»: avrebbe detto poi il boss a Lo Verso per tranquillizzarlo ulteriormente. E alla domanda del pentito se il potente dell’Arma che l’aveva protetto fosse un carabiniere il boss avrebbe risposto: «Sì un carabiniere. Meglio uno sbirro amico che un amico sbirro». «Dopo le stragi Marcello Dell’Utri si è messo in contatto con i miei uomini». Con queste parole, secondo il racconto di Lo Verso, Bernardo Provenzano avrebbe indicato nel senatore de Pdl l’interlocutore politico di Cosa nostra dopo il ’92. Il padrino gli avrebbe confidato che «Dell’Utri dopo gli attentati a Falcone e Borsellino prese il posto di Salvo Lima». Il boss avrebbe aggiunto di aver fatto votare Dell’Utri nel 1994. «Nicola Mandalà mi disse che avevano nelle mani Schifani, Dell’Utri, Cuffaro e Romano». «Mandalà me lo disse», continua il pentito, «per tranquillizzarmi perchè io avevo dei problemi per la realizzazione di una chiesa a Ficarazzi. Allora lui mi rassicurò dicendomi che eravamo coperti a livello nazionale e locale». Il mafioso avrebbe rivelato a Lo Verso anche che Renato Schifani, ora presidente del Senato, era socio di suo padre, Nino Mandalà, recentemente condannato per mafia.

PROVENZANO: ANDREOTTI SAPEVA DELLE STRAGI – «Le stragi sono state la rovina. In pochi sappiamo la verità: io, Totuccio e Andreotti». Confidandosi con Lo Verso, Bernarndo Provenzano si sarebbe lamentato della strategia stragista di Cosa nostra cominciata con gli attentati a Falcone e Borsellino. Provenzano avrebbe detto, nel 2004, al pentito che altri due depositari dei segreti sulle stragi erano morti: «Salvo Lima che è stato ucciso perchè non voleva gli attentati e Vito Ciancimino che forse è stato assassinato». «Io – avrebbe detto poi il boss – non mi potevo mettere contro il mio paesano che aveva deciso che le stragi si dovevano fare per fare un favore ad Andreotti che lo aveva garantito per una vita». Il boss avrebbe anche rivelato a Lo Verso che «lo Stato sa chi ha fatto le stragi». (CORRIERE DEL MEZZOGIORNO)

Rocca di Cefalù, salvi i due escursionisti

QUADRO NEWS.pngSono stati raggiunti soltanto nella tarda serata di ieri dai soccorritori e portati in salvo i tre turisti che erano rimasti bloccati in una parete sul lato ovest della Rocca di Cefalù, dove si erano recati nel pomeriggio per un’escursione. Si tratta di tre americani tra i 25 e i 30 anni, originari dello stato dell’Indiana, che erano stati sorpresi dall’oscurità mentre si trovavano ancora sul promontorio che sovrasta il paese in una zona impervia.

L’intervento è stato eseguito dagli uomini della stazione di Palermo del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico e del nucleo Saf dei vigili del fuoco di Palermo, con la collaborazione dei carabinieri e dei volontari delle Giubbe d’Italia di Cefalù. Gli escursionisti sono in buone condizioni di salute, anche se infreddoliti. I tre, infatti, si erano recati in escursione sulla Rocca in abbigliamento estivo ma si erano attardati sulla vetta e, iniziando la discesa al tramonto, avevano perso il sentiero finendo in prossimità di un dirupo.

Perso l’orientamento, intorno alle 19 avevano lanciato l’allarme con il cellulare. Le operazioni di soccorso erano partite subito ma la zona particolarmente impervia e buia ha reso più difficile l’intervento. Gli uomini del Soccorso alpino e i vigili del fuoco hanno raggiunto i turisti e, una volta imbracati, li hanno tirati su con le funi uno per uno. Arrivati sani e salvi sulla cima, i tre sono stati poi accompagnati in paese a piedi. (REPUBBLICA PALERMO)

Malasanità, maglia nera per la Sicilia

palermo,turismo,news,notizie,sicilia,estate,mare, sanitàNon c’é un giorno degli ultimi due anni e mezzo che non conti un caso di malasanità: non è un modo di dire ma quanto raccontano le ultime cifre della commissione d’inchiesta sugli Errori sanitari presieduta da Leoluca Orlando. In due anni e mezzo di attività, cioé 29 mesi, sono stati 470 i casi di malasanità segnalati, di cui 329 conclusisi con la morte del paziente. Vale a dire quasi due casi tra errori e altre…

criticità al giorno, e 2,6 morti ogni giorno. Un bilancio in nero, dove a primeggiare sono tre regioni, Calabria, Sicilia e Lazio, che insieme totalizzano oltre la metà dei casi.
Complessivamente da fine aprile 2009 al 30 settembre 2011 i presunti errori sanitari sono stati 326 (di cui 223 terminati con il decesso del paziente) e 144 le altre criticità (di cui
106 con morti). Più della metà, cioé 239, spettano a Lazio (51 casi e 35 morti), Calabria (97 e 78) e Sicilia (91 e 66), la cui media complessiva è di 3,6 casi al giorno. Seguono Puglia (32 e 21) e Campania (31 e 25).
Non mancano però esempi positivi. Come la Sardegna, per cui non è stato segnalato alcun errore sanitario, il Molise con un solo caso, e il Trentino Alto Adige, sempre un caso ma conclusosi con la morte del paziente. Se a queste cifre si aggiungono anche le altre criticità arrivate all’esame della commissione, la maglia per la regione più virtuosa spetta
allora al Trentino con un solo caso, seguito da Sardegna e Molise (2), Friuli Venezia Giulia, Basilicata e Marche (3) e Umbria (4). Le cosiddette regioni virtuose si collocano circa a metà della classifica, con la Toscana a 29 casi di malasanità (18 decessi), Lombardia a 28 (11 morti), Emilia Romagna 24 (16 morti) e Veneto 23 (13 morti).
Secondo Orlando il bilancio che si può tracciare di questi 2,5 anni di attività della commissione è “molto positivo”. Merito dell’organo parlamentare, distintosi “per autonomia d’azione e da condizionamenti partitici”, è l’aver fatto nascere e crescere “la consapevolezza che la tutela della salute è un diritto per i cittadini e un dovere per gli operatori sanitari, da noi invitati a rivendicare l’esigenza di essere posti nelle condizioni di operare sempre meglio”. Troppo spesso casi di malpractices “potrebbero essere evitati – rileva Orlando – se gli operatori denunciassero spontaneamente anomalie e disfunzioni. E’ indispensabile superare il clima di preoccupazioni e paure tra i professionisti della sanità ed evitare esempi controproducenti di difesa corporativa, per un corretto funzionamento del sistema”.
Per il Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, pur apprezzando il lavoro della Commissione, bisognerebbe “istituire un Osservatorio nazionale che diventi fonte unica e
riconosciuta da tutti su un tema così importante”. Sulla scorta dei dati diffusi oggi dalla Commissione Orlando, Ignazio Marino, presidente della commissione d’inchiesta del Senato sul Ssn, ha annunciato l’arrivo di un emendamento al ddl di riforma Fazio, in discussione a Palazzo Madama, che contempli rischio clinico e permetta agli operatori sanitari di poter tenere i cosiddetti ‘meeting confessionali’ per discutere internamente di errori e rischi separatamente da eventuali azioni della magistratura. (GDS)

Tragedia al MotoGP, Muore Simoncelli: il video

QUADRO NEWS.pngMarco Simoncelli e’ morto per le conseguenze del grave incidente nel quale e’ rimasto coinvolto sulla pista di Sepang nel Gp della Malaysia. A dare la notizia e’ stato il responsabile della comunicazione della Dorna. Simoncelli, 24 anni, era giunto in arresto cardio circolatorio al centro medico della pista.

Nell’incidente sono rimasti coinvolti oltre a Simoncelli (Honda), Colin Edwards (Yamaha) e Hiroshi Aoyama (Honda). A terra, senza casco e’ rimasto Simoncelli, che e’ stato letteralmente investito da Colin Edwards e da Valentino Rossi, che non e’ caduto. (ANSA)

Palermo, recuperato l’Ecce Homo di Mondello

QUADRO NEWS.pngI carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale e del Nucleo Investigativo di Palermo hanno recuperato la statua lignea della seconda metà del ‘600 raffigurante dell’Ecce Homo, rubata lo scorso 2 settembre da una edicola votiva di via Saline a Palermo, in località Mondello. La statua oltre a costituire…

un importante oggetto di culto per la comunità dei fedeli, è anche una pregevole opera d’arte, da molto tempo esposta alla devozione della cittadinanza. Ignoti malfattori, dopo aver forzato l’antica inferriata che proteggeva la statua, la sottraevano tentando di immetterla nel mercato clandestino delle opere d’arte rubate in vista di un facile guadagno.

NELLA BANCA DATI – L’attività investigativa dei militari del Reparto Speciale e del Comando Provinciale, sviluppatasi all’indomani del furto sacrilego, ha però scoraggiato ogni possibile acquirente, evitando che la statua rubata potesse essere ricettata e dispersa. Immediatamente dopo aver acquisito la denuncia di furto, infatti, i Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale hanno provveduto ad inserire l’oggetto nella banca dati dei Beni Culturali Illecitamente sottratti, rendendo di fatto difficoltosa la vendita dell’opera. Il recupero è stato effettuato grazie alla fattiva collaborazione di un antiquario di Palermo. L’importante opera d’arte e di culto sarà riconsegnata ai legittimi proprietari, e restituita al culto dei fedeli.

MESSINEO – «L’operato dei Carabinieri che si occupano della tutela del Patrimonio culturale in Sicilia è fondamentale. Il recupero e la restituzione alla città di questa statua lignea è l’ennesimo successo dell’accurata azione di prevenzione del nostro patrimonio storico e artistico». Lo ha detto l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Sebastiano Missineo, dopo il ritrovamento di una statua lignea della seconda meta’ del ‘600 da parte dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale. «In questo caso – ha continuato Missineo – l’attenzione dei militari e’ rivolta alla salvaguardia dei beni ecclesiastici che, spesso, vengono trafugati dai luoghi di culto. Ancora una volta i Carabinieri hanno impedito che opere d’arte che rappresentano la nostra identità vengano sottratte ai fedeli e alla loro fruizione. Proteggere i beni culturali della nostra isola, che rappresentano la nostra storia e sono il nostro fiore all’ occhiello, e’ la mission della Regione e del nostro assessorato e collaborare con gli uomini dell’Arma rappresenta una garanzia in più per la sicurezza dei nostri beni culturali». (CORRIERE DEL MEZZOGIORNO)

Palermo, abolita l’isola pedonale del week-end in centro

QUADRO NEWS.pngStop all’isola pedonale del sabato lungo l’asse Ruggero Settimo – Maqueda fino ai Quattro Canti. Il provvedimento che era stato adottato nel marzo 2010 e andava di pari passo con la pedonalizzazione domenicale di via Roma, esce di scena, almeno fino a Natale. Trenta commercianti di via Maqueda, riuniti in un comitato, non ci stanno più. E l’assessore al Centro storico, Mario Milone, che…

domenica scorsa è sceso in strada per festeggiare il primo giorno di chiusura al traffico autunnale in via Roma, è costretto a rinunciare alla maxiisola pedonale. “A malincuore – sottolinea – perché non c’è la stessa condivisione del provvedimento che ho trovato in via Roma. È un’occasione mancata per il rilancio della strada. Sono pronto a ripristinare il provvedimento più avanti, se i negozianti lo chiederanno”.

Il no del comitato è arrivato dopo una serie di incontri fra la delegazione dei commercianti, Milone e l’assessore alle Attività produttive, Felice Bruscia. Al Comune i commercianti hanno chiesto come condizione per la chiusura temporanea uno sconto sulla tassa sul suolo pubblico, l’arredo urbano e il presidio dei vigili urbani, ma la risposta è stata picche. “Mancano le risorse – dice Bruscia – ma la decisione dei negozianti mi sorprende: pensavo che l’isola pedonale fosse un’opportunità in più”.

A sentire i commercianti, lungo via Maqueda il provvedimento è stato un flop. “Fino all’estate scorsa, quando era in vigore – racconta Nino Uzzo, uno degli esercenti – passavano gli autobus, i taxi, i mezzi delle forze dell’ordine e d’emergenza: c’erano pochi vigili in giro, e lungo la carreggiata, che è piuttosto stretta, si creava il caos. Siamo favorevoli semmai alla pedonalizzazione totale e non a una chiusura a metà”.

Incalza il portavoce del neocomitato Via Maqueda, Alessandro Arcobasso: “Chiediamo un piano di restyling della strada, dal ripristino dei punti luce alla rimozione dei manifesti abusivi, dal rifacimento dei marciapiedi alla realizzazione di un parcheggio per motociclette in via Venezia”. In via Ruggero Settimo, però, c’è chi non è d’accordo. “La chiusura del traffico il sabato – dice il libraio Giuseppe Flaccovio – è stata un successo e ha aumentato la clientela in centro. E in tutta Europa lasciare a casa l’auto, almeno una volta alla settimana, è un segno di civiltà”.

Anche in via Spinuzza 35 commercianti sono favorevoli allo shopping a piedi. E chiedono, attraverso Confesercenti, un incontro con gli assessori Milone e Bruscia per pedonalizzare il tratto che va da via Maqueda a via Valenti. (REPUBBLICA PALERMO)

La morte di Gheddafi, Onu: aprire un’indagine

palermo,turismo,news,notizie,sicilia,estate,mare, gheddafi, libia, guerra, natoL’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite si è pronunciato oggi per un’indagine sulle circostanze “non chiare” della morte di Muammar Gheddafi. “Ci sono quattro-cinque versioni diverse. C’é bisogno di un’indagine” ha detto oggi a Ginevra il portavoce dell’Alto commissario, Rupert Colville.

La Francia ritiene che dopo la morte di Muammar Gheddafi l’operazione militare della Nato in Libia può dirsi “finita”.”Penso che possiamo dire che l’operazione militare della Nato è conclusa e che l’insieme del territorio libico è sotto il controllo del Cnt”, ha detto il ministro degli Esteri francese Alain Juppe.

La Nato porrà un termine alle operazioni in Libia appena i civili saranno al sicuro: lo ha indicato il segretario britannico alla Difesa Philip Hammond, riferisce la Bbc.

MEDICO,GHEDDAFI MORTO PER COLPO IN TESTA – Il medico legale che ha esaminato il cadavere di Muammar Gheddafi è arrivato alla conclusione che il colonnello è morto per un colpo d’arma da fuoco alla testa. Lo hanno riferito esponenti del Consiglio nazionale transitorio libico (Cnt) all’emittente Al Arabya.

“Gheddafi è stato arrestato da vivo, ma è stato ucciso più tardi – ha detto ad Al Arabiya il dottor Ibrahim Tika -. C’era un proiettile e questa è stata la prima ragione per la sua morte, ha penetrato i suoi intestini. Poi c’è stato un altro proiettile nella testa, che è entrato e uscito”. Tika, che ha esaminato anche il cadavere del figlio del rais Mutassim, ha detto che dai suoi accertamenti risulta che è morto dopo il padre: “La condizione del sangue prova che è stato ucciso dopo Gheddafi”. Il medico dice di non aver visto il corpo dell’altro figlio del dittatore, Saif al Islam, che non si sa se è stato catturato o ucciso.

CNT, SEPOLTURA GHEDDAFI RITARDATA QUALCHE GIORNO
– La sepoltura di Muammar Gheddafi è stata rimandata di “qualche giorno” fino a quando non sarà deciso il luogo dove seppellirlo. Lo ha annunciato Ali Tarhouni, ministro del petrolio del Consiglio nazionale Transitorio libico (Cnt). “Ho detto di tenerlo (Gheddafi, ndr) nel congelatore per qualche giorno…per essere sicuri che tutti sappiano che è morto”. Il cadavere del rais si trova a Misurata.

LA FINE DI GHEDDAFI, IL RAIS UCCISO A SIRTE

di Paola Tamborlini
E’ finita. La corsa contro la storia di Muammar Gheddafi si è fermata in un tunnel di cemento a Sirte. Dove tutto era cominciato. Le ultime parole del combattente e indomito rais sono state le più scontate, e umane: “Non sparate”. Dopo due mesi da primula rossa e 42 anni di regime, a fermare la sua corsa è stato simbolicamente un ragazzino di 20 anni, diventato subito eroe, che ha portato con sé come trofeo l’ultimo orpello del rais: una pistola d’oro.E le immagini del rais ferito, debole, ormai vinto, hanno fatto immediatamente il giro del mondo. Rievocando la fine di altri dittatori, da Mussolini a Saddam. Sì perché il rais sarebbe stato preso vivo, come mostra un video diffuso da Al Jazira, e confermato stasera dal Cnt, ma le foto del suo cadavere con un foro di pallottola sulla tempia hanno immediatamente fatto pensare ad una esecuzione. Ipotesi, quest’ultima, smentita dal Cnt: non è stato dato nessun ordine di ucciderlo. Il rais è morto – ha fatto sapere lo stesso primo ministro del Cnt in serata – per un colpo alla testa durante una sparatoria tra i suoi sostenitori e le forze degli insorti.Con lui, dopo di lui, sono caduti anche i suoi fedelissimi: i due figli-guerriglieri Mutassim (il cui corpo è stato trasferito ed esposto a Misurata) e Saif. Su quest’ultimo le notizie sono invece incerte e lo stesso Cnt in serata ha precisato di non avere notizie in merito alla sua sorte, se sia stato cioé ucciso o catturato. E, ancora, il ministro della Difesa del regime Gheddafi, Abubakr Yunes Jaber, il potente capo dei servizi segreti Abdallah Senoussi, arrestato insieme al portavoce del rais Moussa Ibraim.

La testa del regime capitolata in pochi istanti. Sancendo, probabilmente, la fine della guerra, tanto che la Nato sta considerando se decretare il termine della missione. Quel che è indubbio è che la primavera araba dei libici è compiuta.Alla notizia della cattura del rais, ribelli e semplici cittadini si sono riversati sulle strade per festeggiare, urlando “Allah è grande”, hanno portato in trionfo il ragazzino ventenne che lo ha scovato e che forse riuscirà ad intascare anche la taglia da 20 milioni di dollari. Avvolto nel mistero in vita, Gheddafi ha lasciato un giallo anche nella morte. Non è affatto chiara la dinamica della sua cattura. Il rais stava fuggendo dalla Sirte appena espugnata dai ribelli, diretto a Sud, su un convoglio di sette macchine formato da familiari e fedelissimi, quando è stato intercettato dagli aerei della Nato e, via terra, dai ribelli.L’alleanza – aerei francesi, ha rivendicato Parigi, anche americani, ha precisato Washington – ha colpito alcune macchine, uccidendo il capo delle forze armate. Per evitare i colpi dei caccia, una Toyota si è improvvisamente staccata dal convoglio, seguita da un’altra macchina. A questo punto, secondo la ricostruzione dell’ambasciatore libico a Roma Abdel Hafed Gaddur, sono entrati in azione i rivoltosi, che hanno bloccato le macchine. Qui tutto diventa più fumoso: forse Gheddafi, che si trovava nella Toyota, è riuscito a fuggire e nascondersi in alcuni tubi di cemento. Di certo quei tubi sono già diventati il simbolo della fine del rais.Dal lussuoso bunker alla buca. I ribelli si sono fatti riprendere accanto ai tunnel, dove hanno scritto con lo spray “Qui stava Gheddafi. Allah è più grande”. Il corpo del rais è stato poi portato a Misurata e mostrato alle tv, prima di essere rinchiuso in una moschea. Sarà sepolto in una località segreta, ha annunciato in serata il governo transitorio. A sette mesi dall’inizio della guerra e due dalla liberazione di Tripoli, il Cnt si appresta dunque ad annunciare, tra domani e dopodomani, “la liberazione della Libia”.La Nato ha fissato per domani il consiglio Atlantico per valutare se decretare la fine della missione. “La missione della Nato in Libia finirà d’accordo con l’Onu ed il Cnt”, ha detto il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Anders Fogh Rasmussen. Anche Ban ki-Moon ha chiesto di “fermare i combattimenti”. La morte di Gheddafi, per il presidente Usa Barack Obama, “chiude un doloroso capitolo” perché i libici “hanno vinto la loro rivoluzione”. D’accordo il capo dello stato Giorgio Napolitano, convinto che la fine del rais chiuda “una pagina drammatica”, mentre il premier Berlusconi si è limitato a commentare: “Sic transit gloria mundi”. Ma perché sia compiuto il passaggio dal regime alla nuova Libia, il Cnt vuole che l’Algeria consegni quel che resta del clan Gheddafi: la moglie, la figlia Aisha con la bimba nata proprio poche ore dopo aver attraversato il confine, quest’estate, e poi ancora i figli Hannibal e Mohammed, con le mogli ed alcuni nipoti. Ultimi esponenti di un clan considerato un tempo invincibile e finito ormai nella polvere.

Sirte, l’ultima roccaforte lealista, é la città libica nella quale il destino di Muammar Gheddafi é cominciato e dove oggi si è compiuto. E’ a Sirte che il rais trascorse i primi anni della sua giovinezza. Ed è qui, alle porte del Sahara, che Gheddafi aveva evidentemente deciso di nascondersi, per trascorrere le ultime ore da leader della Grande Jamahiriya nella culla della sua tribù, la Qaddafia, e da dove organizzare l’ultima resistenza. Tradizionale luogo di transito dei beduini, situato a 450 chilometri da Tripoli sulle sponde dell’omonimo golfo, a metà tra mare e deserto, Sirte è uno dei luoghi simbolo della Libia di Gheddafi. Che, nel 1942, nacque proprio nei dintorni della città, in una tenda di pelli di capra, figlio di nomadi analfabeti, membri della tribù dei Qaddafia.

A Sirte il futuro Rais frequentò le scuole elementari mentre si divise tra la città costiera e Sebha, nel Fezzan, durante il periodo delle scuole coraniche. Poi, sopraggiunsero gli anni della rivoluzione, dell’accademia militare di Bengasi fino al colpo di Stato del 1969. Il Colonnello non ha mai dimenticato il suo luogo natio.

Lo ha trasformato in una vetrina della sua Rivoluzione, lo ha dotato di infrastrutture nuove di zecca, di un’università, di un centro militare tra i maggiori del Paese e qui ha trasferito diversi ministeri. A Sirte Gheddafi ha spesso ricevuto i leader stranieri – tra i quali anche Silvio Berlusconi, nel marzo 2009 – incontrandoli nella grande tenda beduina fatta innalzare a ridosso della spiaggia. E nel palazzo dei congressi che giganteggia sulla città, il Rais ha ospitato diverse conferenze internazionali: qui, nel 1999, i leader africani decisero di trasformare l’ Organizzazione dell’Unità Africana nella più solida Unione Africana. La città è la culla di due tribù, la Qaddafia e la Magariha, da cui discende Abdel Salam Jalloud, ex braccio destro del Rais fuggito nei giorni scorsi dalla Libia. Contesa sin dalle prime battute della guerra tra lealisti e insorti, Sirte a lungo rimasta un tabù per l’opposizione di Bengasi. Oggi é stata ‘liberata’ e ha assIstito alla morte del suo Rais. (ANSA)