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Mafia, il pentito: il figlio di Riina progettava attentato ad Alfano

palermo,turismo,news,notizie,sicilia,estate,mare, riina, Il progetto di un attentato nei confronti dell’ex ministro della Giustizia Angelino Alfano, attuale segretario del Pdl, sarebbe stato rivelato – secondo quanto si è appreso – dal collaboratore di giustizia Luigi Rizza, che ne ha attribuito l’input al figlio di Totò Riina, Giuseppe Salvatore, ieri scarcerato.

Sulla circostanza – secondo quanto si é appreso – stanno indagando gli inquirenti di Catania ai quali Rizza avrebbe riferito dell’esistenza di un messaggio, per uccidere Alfano a causa dell’inasprimento del 41 bis, che gli sarebbe stato consegnato in carcere, a Padova, nel 2009, dal figlio di Riina, Giuseppe Salvatore, e da Umberto Bellocco. Le dichiarazioni di Rizza risalirebbero all’aprile scorso.
“Nel 2009, mentre ero detenuto al carcere di Padova, Umberto Bellocco e Giuseppe Riina, figlio di Totò – riferisce Rizza agli inquirenti di Catania – mi davano dei messaggi da portare ad altri detenuti del carcere, tra cui Salvatore Alia e Paolo Lombardo (detto Nino)”. E’ durante una “occasione” che il collaboratore di giustizia riferisce di avere “saputo che era in programmazione un attentato nei confronti del ministro Alfano (per via dell’inasprimento del regime di cui all’articolo 41 bis)”. Rizza afferma di non sapere se “il proposito ( di uccidere Alfano, ndr) sia ancora attuale”. “In particolare – riferisce agli inquirenti di Catania – Nino Lombardo e Salvatore Alia mi chiesero di chiedere conferma della cosa a Umberto Bellocco, cosa che io feci”. A questo punto “Bellocco mi confermò la cosa e mi disse ‘si’, procedete’; io – prosegue Rizza – riferii ad Alia e Lombardo; nei giorni successivi Alia mi chiese se ero disposto a partecipare all’attentato” visto che “a breve avrei dovuto godere di permessi”. Poi però – conclude il collaboratore di giustizia – “non se ne fece nulla perché io fui trasferito a Tolmezzo e non so se il proposito sia ancora attuale”. (GDS)

Il covo di Scintilluni in via Brancaccio

palermo,turismo,news,notizie,sicilia,estate,mare, sciintilluni, mafia, Brancaccio. Questo il regno in cui Antonino Lauricella, detto «Scintilluni», avrebbe trascorso gli ultimi mesi della sua latitanza. Il «re del pizzo» che teneva le redini del quartiere della Kalsa e di alcune zone del centro storico, arrestato quattro giorni fa mentre faceva la spesa al mercato di Ballarò, aveva due mazzi di chiavi addosso…

Le stesse che aprono le porte d’ingresso di due appartamenti, attualmente abitati, in via Brancaccio, rispettivamente al civico 239 e al 389. Ad accertarlo sono stati gli uomini della Sesta sezione della squadra mobile, che adesso sono alla ricerca di tracce biologiche che possano ricondurre al boss che era ricercato dal 2005. Si tratta di abitazioni a due e tre piani, tipiche costruzioni che costeggiano tutto il quartiere palermitano, zona in cui la mafia ha da sempre piantato le proprie radici. (CORRIERE DEL MEZZOGIORNO)

Incendi, emergenza a Monreale. Il vicesindaco: «Dietro c’è Cosa Nostra»

palermo,turismo,news,notizie,sicilia,estate,mare, monreale, incendi, piromani, mafia, indendi monrealeStato d’emergenza a Monreale per gli incendi. Lo ha stabilito la giunta riunita in seduta straordinaria dopo il rogo che per 14 ore, tra sabato e ieri mattina, ha minacciato decine di abitazioni, sgomberate, nella borgata di Piano dei Geli nella frazione di San Martino, tenendo impegnati 128 uomini per le operazioni di spegnimento con danni quantificati in 800mila euro….

La giunta, spiega il vicesindaco e deputato regionale Salvino Caputo (Pdl), ha istituito un gruppo di lavoro per redigere una mappa degli incendi e dichiarare l’inedificabilità in quelle aree per i prossimi cinque anni, come prevede la legge. Inoltre, l’amministrazione sta predisponendo la delibera con la richiesta al Prefetto di Palermo Umberto Postiglione e al ministero della Difesa di autorizzare presidi a Monreale da parte dell’esercito. «Gli incendi dei giorni scorsi – dice Caputo – avevano interessato solo aree boschive, adesso invece sono state colpite anche zone densamente abitate. È chiaro che siamo di fronte a una organizzazione criminale che opera senza scrupoli per danneggiare il territorio di Monreale». Per Caputo «non si tratta di gesti isolati ma di una organizzazione criminale che coinvolge gli interessi di Cosa Nostra».

«Su 53 mila ettari di territorio – sottolinea il vice sindaco – sono state colpite aree edificabili e boschive, sapendo che in quelle zone vivono dei cittadini. È evidente che c’è un disegno dietro, una strategia con l’obiettivo di fare affari. Ma la giunta non lo permetterà». (CORRIERE DEL MEZZOGIORNO)

Palermo ricorda Libero Grassi, vent’anni fa l’omicidio

QUADRO NEWS.pngLa figlia di Libero Grassi, Alice, ha rinnovato, apponendone uno nuovo su quello vecchio, il manifesto posto sul muro di via Vittorio Alfieri a Palermo dove 20 anni fa, il 29 agosto 1991, il padre, imprenditore tessile, venne assassinato da sicari mafiosi per aver denunciato il sistema delle estorsioni…

“Non vogliamo lapidi di marmo” ha detto Alice stamane. Sul manifesto è scritto: “Il 29 agosto 1991 qui è stato assassinato Libero Grassi, imprenditore, uomo coraggioso, ucciso dalla mafia e dall’omertà dell’associazione industriali, dall’indifferenza dei partiti, dall’assenza dello Stato”.

La vedova dell’imprenditore, Pina Maisano, ha detto: “Dobbiamo continuare con la nostra presenza attiva. Non dobbiamo mai dimenticare ma sempre parlare e parlare e ricordarci i tre valori di Libero: lavoro, libertà dignità”.

Alice Grassi ha legato un mazzo di fiori rosa accanto al manifesto che ricorda l’assassinio e poi, accanto alla madre e al fratello Davide, ha assistito alla cerimonia istituzionale cui hanno partecipato il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello, il presidente onorario della federazione antitracket Tano Grasso, il sindaco di Palermo Diego Cammarata,

il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, l’assessore regionale Giosuè Marino, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello, il presidente onorario della federazione antitracket Tano Grasso.

Il prefetto Umberto Postiglione ha consegnato alla signora Grassi tre messaggi del presidente della Repubblica e dei presidenti di Camera e Senato. Una cinquantina di giovani dell’associazione “Addio pizzo” si è stretta attorno alla famiglia Grassi e Pina Maisano ha baciato i ragazzi uno ad uno.

Alle 10 l’assemblea nazionale della Federazione delle associazioni antiracket nella sede del Comitato Addiopizzo di via Lincoln 131. Alle 21, è in programma alla Tonnara Bordonaro, la presentazione del libro “Libero, l’imprenditore che non si piegò al pizzo” di Chiara Caprì e Pina Maisano Grassi: alle 22,30 reading a cura di Claudio Gioè. Infine alle 23,40 la proiezione del film-documentario “Libero nel nome” di Pietro Durante.

Napolitano: “Grassi riferimento per lotta anti-racket”. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha scritto una lettera alla vedova di Libero Grassi, Pina Maisano Grassi: “Ricorrono oggi venti anni da quel tragico 29 agosto 1991, quando Libero Grassi, l’imprenditore onesto e coraggioso che si era pubblicamente ribellato alla mafia e al suo sistema estorsivo, fu ucciso in un agguato tragico e feroce”, si legge nella missiva. “Il suo sacrificio – sottolinea il capo dello Stato – è divenuto nel tempo, anche grazie alla mobilitazione delle migliori energie della società e alla crescente determinazione dell’imprenditoria siciliana, un riferimento essenziale della rivolta contro il racket e la pressione mafiosa. Il ricordo della lotta di Libero Grassi per salvaguardare la dignità del lavoro e la libertà dell’attività economica da forme inammissibili di violenza deve costituire fecondo stimolo per una sempre più ampia mobilitazione della coscienza civile e per una sempre maggiore diffusione della cultura della legalità”. “Con questo auspicio – conclude Napolitano – e interpretando la gratitudine di ogni italiano, esprimo a lei e ai suoi figli sentimenti di affettuosa vicinanza e solidale partecipazione”.

Schifani: “Il suo sangue non è stato versato invano”. Il presidente del Senato, Renato Schifani, ha inviato un telegramma alla famiglia di Libero Grassi: “Venti anni fa, il 29 agosto 1991, la mafia assassinava Libero Grassi, imprenditore siciliano che aveva osato sfidare un sistema fatto di omertà, sistematico sopruso e accettazione generalizzata dell’illegalità. Oggi possiamo affermare che la sua morte abbia rappresentato uno spartiacque: il racket delle estorsioni ha iniziato a non essere più percepito come destino ineluttabile di chiunque avesse un’attività economica in terra siciliana ma come un fenomeno criminale e patologico che è possibile e doveroso estirpare. Non solo per affermare la legalità e l’autorità dello stato contro lo strapotere mafioso, ma anche per eliminare un giogo odioso che troppo a lungo ha impedito alla sicilia e, più in generale, al sud, di dispiegare le sue potenzialità di sviluppo”. “I progressi nella lotta al ‘pizzo’ – aggiunge il presidente del Senato – sono la prova che il sangue di Libero Grassi non è stato versato invano, che il suo insegnamento e il suo esempio continuano a vivere in tutti coloro che lottano ogni giorno, forti del sostegno delle istituzioni, per un’economia finalmente libera dalle intollerabili pressioni di organizzazioni criminali che non hanno, né potranno mai avere, alcun diritto sul frutto del lavoro onesto degli imprenditori”.

Fini: “Ricordarlo per esaltare lotta a criminalità”. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha scritto al prefetto di Palermo, Umberto Postiglione. In occasione “delle cerimonie organizzate per la commemorazione del ventennale della barbara uccisione di Libero Grassi – sottolinea Fini – desidero rivolgere il mio saluto a tutti i partecipanti ed esprimere la mia vicinanza alla moglie, Signora Pina Malsano, ed ai figli Alice e Davide. Un profondo senso della giustizia e dei principi fondamentali dello Stato di diritto può, quando è capillarmente diffuso tra le persone, fare la differenza, rendendo sempre più ostile il contesto sociale ad ogni forma di connivenza con le organizzazioni criminali e salde le ragioni della legge”. “Per questo le istituzioni – spiega – devono sostenere, soprattutto tra i giovani, le numerose iniziative volte a sensibilizzare la collettività ai valori della legalità, che trovano fondamento nella nostra Carta costituzionale. Rivolgo a tutti voi il mio plauso e il mio incoraggiamento affinchè possiate continuare ad essere testimoni della cultura della giustizia e del coraggio civile”. (REPUBBLICA PALERMO)

Una notte bianca per Peppino Impastato

QUADRO NEWS.pngSettimana di Ferragosto antimafia a Cinisi, comune a pochi chilometri di Palermo, per ricordare l’impegno di Peppino Impastato. Proiezione di film, documentari, incontri e dibattiti ma anche la visione dei luoghi e testimonianze di quella lotta che alla fine degli anni ’70 il giovane Peppino condusse attraverso i microfoni di Radio Aut. È l’obiettivo della «Notte bianca di Cinisi» in…

programma mercoledì nel piccolo comune del palermitano. Con quest’obiettivo rimarranno aperte le porte della casa dove il giornalista ha vissuto la sua giovinezza, oggi divenuta «Casa Memoria».

Porte aperte anche nell’ex casa del boss Tano Badalamenti dove verranno allestite tre mostre fotografiche. La prima sui terreni confiscati a Brusca, a cura dell’associazione Asadin di Cinisi, la seconda, invece, affronta il tema degli sbarchi a Lampedusa con il titolo: «Storia di barche, braccia e bare». La terza raccoglie alcuni collage creati per Casa Memoria dal giovane artista Benedetto Vitale. Un’iniziativa che si inserisce nell’ambito di una più ampia manifestazione che si snoderà fino a venerdì. Giovedì nei locali della pizzeria Impastato alle 21 verrà proiettato il film «Io ricordo» di Ruggero Gabbai. Si tratta di un film a cui il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha dedicato una targa per il valore della coscienza e dell’impegno. Nel decimo anniversario della morte di Giovanni Falcone un padre, interpretato dall’attore siciliano Gianfranco Jannuzzo, spiega al bambino Piero La Cara, che quel giorno compie 10 anni, cos’è la mafia e chi era Giovanni Falcone di cui il bimbo porta il nome. A seguire un incontro dibattito con l’attore protagonista Gianfranco Iannuzzo.

Il 19 agosto sempre nei locali della pizzeria Impastato, alle 21, verrà proiettato il trailer del documentario «Zona Espansione Nord, Libera Repubblica dello Zen». Il film affronta i problemi di un quartiere, lo Zen zona espansione nord uno dei cosiddetti quartieri satellite, insediamenti popolari per palermitani confinati a Palermo. È la storia di questo luogo, dei suoi abitanti fuggiti dal terremoto del ’68 e dell’occupazione delle case popolari che ne seguì. A seguire ne parleranno insieme Giovanni Impastato, Anna Reiter, Vincino Gallo, Giuseppe Barbera, Ciccio Meli e alcuni abitanti dello Zen. (ITALPRESS)

“Cuffaro-mafia, nessuna intesa” – Le motivazioni dell’assoluzione

QUADRO NEWS.png“Cuffaro non fece accordi con i mafiosi”. Questa la sintesi delle 230 pagine delle motivazioni della sentenza con cui l’ex presidente della Regione, condannato a sette anni per favoreggiamento aggravato, non è colpevole di concorso esterno in associazione mafiosa.
“Non basta la prova di certe frequentazioni con soggetti gravitanti nell’ambiente mafioso – si legge nel…

 documento pubblicato oggi dal Giornale di Sicilia in edicola – poiché tali aspetti potranno essere magari criticati sotto un profilo morale e sociale, ma non sono sufficienti per scrivere una sentenza di condanna. Tutti questi elementi sono di “pericolosa contiguità” ma non portano al reato in questione”.
D’altra parte, scrive ancora il giudice: “Non si crede affatto che il Cuffaro sia stato un sempliciotto in balia delle millanterie di questo o quell’altro mafioso e la cui carriera elettorale si sia fondata su casuali incontri con soggetti ‘poco raccomandabili’ o su notizie investigative segrete dategli da ‘amici inaffidabili’”. Dell’ex governatore si parla come “un politico assolutamente arguto ed avveduto che ha, sempre in modo utilitaristico, improntato la sua attività politica ad un certo ‘disinvolto’ registro comportamentale”. (GIORNALE DI SICILIA)

Palermo ricorda Via D’Amelio. Fini: “Via i sospettati dai partiti”

QUADRO NEWS.pngVia D’Amelio si è fermata, è rimasta muta alle 16.58, l’ora della strage avvenuta 19 anni fa. Un minuto di silenzio rotto poi da un lungo applauso per ricordare Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. Presenti il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, l’aggiunto…

nisseno Domenico Gozzo, i magistrati di Palermo Antonino Di Matteo e Antonino Ingroia e i partenti delle vittime: i fratelli di Borsellino, Rita e Salvatore, e i congiunti degli agenti di scorta.

La giornata si era aperta con la deposizione di alcune corone di fiori da parte del presidente della Camera, Gianfranco Fini e del ministro degli Interni Roberto Maroni.

“I partiti sono tenuti a svolgere un’opera di pulizia al loro interno”. Così il presidente della Camera, Gianfranco Fini, nel corso della commemorazione della strage di via D’Amelio in cui 19 anni fa morirono il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Fini è intervenuto nell’aula magna del palazzo di giustizia di Palermo. “Nella battaglia contro la criminalità organizzata – ha detto – quello politico è un fronte decisivo. È un fronte che passa sia per l’attività di governo e per quella legislativa sia per la forza di mobilitazione dell’opinione pubblica. Passa soprattutto per la capacità degli stessi partiti di fare pulizia al proprio interno eliminando ogni ambigua zona di contiguità con la criminalità e il malaffare”.

Anche il ministro degli Interni, Roberto Maroni, è giunto a Palermo per commemorare il magistrato. Il ministro ha deposto una corona di fiori degli uffici del reparto scorte della caserma Lungaro. Al termine della cerimonia Maroni ha incontrato in forma privata per alcuni minuti i familiari delle vittime della strage, la moglie Agnese e il figlio Manfredi Borsellino con la famiglia, e i parenti della scorta del magistrato.

La visita del ministro si è conclusa con un vertice in prefettura sul tema della sicurezza. All’incontro presenti, tra gli altri, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, il procuratore di Palermo Francesco Messineo, il presidente della Corte d’appello, Vincenzo Oliveri, il procuratore generale Luigi Croce, il presidente del tribunale Leonardo Guarnotta, il prefetto Umberto Postiglione, il questore Nicola Zito, il comandante generale dei carabinieri Leonardo Gallitelli, i vice capo della polizia Nicola Izzo e Francesco Cirillo e i vertici provinciali e regionali dei carabinieri e della guardia di finanza.

Non si placa intanto la polemica tra i familiari del giudice e i rappresentanti delle istituzioni. Replicando alle critiche mosse sia dal figlio del magistrato ucciso, Manfredi Borsellino, che dal fratello Salvatore secondo cui non sarebbe opportuna la presenza di rappresentanti istituzionali “perché è stata una strage di Stato”, il presidente della Camera Fini ha detto: “Sono qui perché sono alla ricerca della verità, altrimenti non sarei venuto”. Poco prima in via D’Amelio era stato diffuso uno striscione dei giovani del movimento delle Agende rosse: “No corone di Stato per una strage di Stato”.

“Sono qui perché ancora non è stata fatta giustizia e non è stata fatta luce sulla verità”, ha detto Salvatore Borsellino in via D’Amelio. Anche il figlio di Paolo Borsellino, Manfredi ha chiesto verità sui depistaggi.

Il messaggio del presidente Napolitano. Questa mattina il presidente della Repubblicalica Giorgio Napolitano ha inviato alla signora Agnese Borsellino un messaggio, in cui ricorda che la strage rappresentò il culmine di una delle fasi più gravi della criminalità organizzata contro le istituzioni democratiche: “L’attentato volle colpire sia un simbolo della causa della legalità sia un uomo che stava mobilitando le migliori energie della società civile dando a esse crescente fiducia nello stato di diritto. A diciannove anni di distanza, il sacrificio di Paolo Borsellino richiama la magistratura, le forze dell’ordine e le istituzioni tutte a intensificare – con armonia di intenti e spirito di effettiva collaborazione – l’azione di contrasto delle mafie e delle sue più insidiose forme di aggressione criminale”. Come i figli di Borsellino, anche Napolitano auspica una risposta di verità e giustizia su quanto accaduto.

L’attentato. Era il 19 luglio. Quel giorno Borsellino, dopo avere pranzato con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, stava andando dalla madre, che abitava in via D’Amelio, a Palermo. Ad attenderlo c’era una Fiat 126 con circa 100 chili di tritolo. Una strage messa a segno 57 giorni dopo quella in cui perse la vita il suo amico e collega Giovanni Falcone.

Gli interventi. Nel corso delle celebrazioni il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha deposto una corona sulla lapide in memoria degli agenti uccisi dalla mafia al reparto scorte della caserma Lungaro di Palermo.

Il presidente del Senato, Renato Schifani, ha rievocato le doti del magistrato: la grande dedizione, la passione civile, l’ostinata coerenza; doti che hanno rafforzato la volontà di chi vuole proseguire nel cammino di legalità da lui tracciato.

Bersani. “La memoria di Borsellino è viva negli italiani”, così Pier Luigi Bersani, segretario del Partito democratico. “Siamo tutti consapevoli – spiega – che Borsellino servì lo Stato con onestà e rigore, a difesa dei valori della legalità e della giustizia. Una comunità che si dovesse privare di questi valori, finirebbe con il minare le fondamenta della nazione”.

“Nei momenti più difficili e tragici della sua storia – prosegue Bersani – il nostro Paese ha spesso trovato la via per emanciparsi, tributando in quel modo il migliore omaggio ai propri caduti. Anche oggi dobbiamo trovare questa forza e l’esempio di Borsellino ci sostiene. Non c’è altra possibilità – aggiunge – se non quella di ristabilire le basi del vivere civile: onestà, legalità, giustizia. E’ necessario uno scatto della classe dirigente per ricostruire un tessuto sociale drammaticamente indebolito e perciò maggiormente esposto al crimine organizzato”.

Il segretario del Pd chiede poi gratitudine per il “lavoro della magistratura, delle forze dell’ordine e di tutti coloro che sono in prima fila nella lotta alle tante mafie che continuano ad esercitare la loro ipoteca sul futuro del Paese. Non riesco a vedere altro modo per rispettare la memoria di uomini come Paolo Borsellino. Concludo rivolgendo un pensiero partecipe e commosso alle famiglie dei caduti in via D’Amelio”.

Vendola. “‘Il tritolo di Cosa nostra squarciò il cuore della democrazia italiana rivelò la capacità delle organizzazioni mafiose di ipotecare pesantemente la vita pubblica e sociale del nostro Paese. È necessario dare una risposta chiara”, lo ha dichiarato il segretario di Sinistra ecologia e libertà, Nichi Vendola. “Senza questa opera di verità – ha aggiunto – e di conseguente bonifica morale, le commemorazioni degli eroi dell’antimafia, sono solo processioni di parole inutili e di retorica melensa”. (Repubblica Palermo)

Via d’Amelio, Rita Borsellino: ora tutta la verità

QUADRO NEWS.png«Non ci bastano più ‘coriandolì di verità’. La vogliamo sapere tutta. E deve essere tanto inquietante che preferiscono centellinarcela». Con queste parole Rita Borsellino, sorella di Paolo, il magistrato ucciso il 19 luglio di 19 anni fa, chiede di andare fino in fondo nelle indagini sulla strage di via D’Amelio che costò la vita al fratello e ai cinque agenti di scorta. Intervenuta alla…

presentazione delle iniziative organizzate per l’anniversario dell’eccidio, l’europarlamentare del Pd ha aggiunto: «Da 19 anni rimbalziamo contro muri di gomma. Ci avevano propinato una verità che poi si è rivelata tutt’altro. Speriamo ora di ripartire dalla revisione del processo».

Per Borsellino «è evidente che ci sono state reticenze anche istituzionali. Memorie ritrovate, personaggi che hanno ricordato cose a distanze di tempo. Comportamenti colpevoli che hanno ritardato il corso delle indagini». Ai cronisti che le chiedevano se volesse fare un appello all’ex ministro dell’Interno Mancino, al centro di un «giallo» mai risolto su un suo presunto incontro con Borsellino 18 giorni prima della morte sempre smentito dal politico, ha risposto: «Non spetta a me chiedergli conto. Io rispetto i ruoli».
«Qualche giorno prima che lo ammazzassero, Paolo ci disse ‘quando mi uccideranno ricordatevi che non sarà stata solo la mafia». Rita Borsellino ne è certa: dietro la strage non ci fu solo Cosa nostra. «Suo fratello venne eliminato perchè aveva scoperto la trattativa tra Stato e mafia e voleva impedirla?» le chiedono i cronisti durante la presentazione delle iniziative organizzate per ricordare l’eccidio di via d’Amelio. «Non sono un investigatore – risponde – ma certo l’immagine di Cosa nostra col boss con la coppola e la lupara che organizza una cosa simile è riduttiva». «D’altro canto – continua la Borsellino – Paolo proprio a ridosso della sua morte disse ‘ho visto la mafia in diretta’ e non si riferiva certo a incontri con uomini d’onore».

Anche sull’agenda rossa del fratello, diario in cui Borsellino appuntava «incontri e sviluppi di indagini» e sparita dopo l’attentato, Rita ha le idee chiare: «Nessuno può dubitare che sia esistita. Noi familiari l’abbiamo vista mille volte. L’aveva sempre con sè. Negarne l’esistenza significa accusarci di dire il falso. Allora, se non è stata rubata perchè conteneva verità scomode, come mai, in tutte le perquisizioni fatte in casa e in ufficio, non è mai stata trovata?».

Queste, le iniziative per ricordare la strage. Si comincia domenica alle 16.30, quando il popolo delle Agende Rosse, movimento che chiede la verità sulla strage e usa emblematicamente l’immagine del diario del magistrato sparito dopo l’attentato, marcerà da via D’Amelio al Castello Utveggio, luogo, secondo alcune ipotesi investigative, da cui sarebbe partito il via libera al commando che fece esplodere l’autobomba. Alle 21 l’Arci Sicilia organizza alla Biblioteca comunale «Legami di Memoria». Un’iniziativa cui partecipa anche l’eurodeputato Silvia Costa «per parlare della ricostruzione delle città e delle comunità impegnate in un cammino per ricostruire percorsi di democrazia e giustizia sociale». Lunedì, invece, le Agende Rosse si vedono davanti al Palazzo di Giustizia di Palermo per organizzare un presidio a sostegno dei magistrati. Alle 18, invece, da via D’Amelio parte un corteo che raggiunge la facoltà di Legge organizzato dal Comitato Cittadinanza per la Magistratura. Sempre in facoltà, alle 20.30, si tiene il dibattito «Il quinto potere: le finalità dello stragismo tra depistaggi e verità storiche». Partecipano i magistrati Roberto Scarpinato, Antonio Ingroia, Nino Di Matteo e il fratello di Borsellino, Salvatore.

Nel giorno dell’anniversario, il 19, si prosegue con il presidio delle Agende Rosse davanti al Tribunale, dove alle 9 i magistrati dell’Anm ricordano il giudice ucciso, mentre all’Ars, sede del parlamento siciliano, si tiene una commemorazione solenne e alle 12 viene organizzata una conferenza stampa della commissione Cultura e istruzione del Parlamento europeo per l’educazione alla legalità. Alle 15 le iniziative si spostano in Municipio per l’incontro col ministro della Gioventù Giorgia Meloni che incontra i componenti della commissione Cultura. Sul luogo della strage alle 16.58, ora dell’esplosione, Marilena Monti recita la poesia «Giudice Paolo» e alle 17.15 i pm Ingroia e Di Matteo e Vittorio Teresi e il giudice Leonardo Guarnotta partecipano all’iniziativa «Lettere a Paolo». Alle 20.30, poi, la tradizionale fiaccolata da piazza Vittorio Veneto a via D’Amelio con il ministro Meloni e il sindaco di Roma Gianni Alemanno. (Corriere del Mezzogiorno)

Palermo, tre giorni per ricordare Paolo Borsellino

palermo,turismo,news,notizie,sicilia,estate,mare, paolo borsellino, mafiaTre giorni per ricordare la strage di via D’Amelio costata la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti di polizia della scorta Emanuela Loi, Agostino catalano, Eddie Cosina, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli.
Nel diciannovesimo anniversario dell’eccidio associazioni, magistrati e società civile si mobilitano con dibattiti, fiaccolate, cortei e incontri istituzionali.

Si comincia oggi alle 16.30, quando il popolo delle Agende Rosse, movimento che chiede la verità sulla strage e usa emblematicamente l’immagine del diario del magistrato sparito dopo l’attentato, marcerà da via D’Amelio al Castello Utveggio, luogo, secondo alcune ipotesi investigative, da cui sarebbe partito il via libera al commando che fece esplodere l’autobomba.
Alle 21 l’Arci Sicilia organizza alla Biblioteca comunale “Legami di Memoria”. Un’iniziativa cui partecipa anche l’eurodeputato Silvia Costa “per parlare della ricostruzione delle città e delle comunità impegnate in un cammino per ricostruire percorsi di democrazia e giustizia sociale”.
Lunedì 18, le Agende Rosse si danno appuntamento davanti al Palazzo di Giustizia di Palermo organizzando un presidio a sostegno dei magistrati. Alle 18, invece, da via D’Amelio parte un corteo che raggiunge la facoltà di Legge organizzato dal Comitato Cittadinanza per la Magistratura. Sempre in facoltà, alle 20.30, si terrà il dibattito “Il quinto potere: le finalità dello stragismo tra depistaggi e verità storiche”. Partecipano i magistrati Roberto Scarpinato, Antonio Ingroia, Nino Di Matteo e il fratello di Borsellino, Salvatore.

Nel giorno dell’anniversario, il 19, si prosegue con il presidio delle Agende Rosse davanti al Tribunale, dove alle 9 i magistrati dell’Anm ricordano il giudice ucciso; mentre all’Ars, sede del parlamento siciliano, si tiene una commemorazione solenne e alle 12 viene organizzata una conferenza stampa della commissione Cultura e istruzione del Parlamento europeo per l’educazione alla legalità. Alle 15 le iniziative si spostano in Municipio per l’incontro col ministro della Gioventù Giorgia Meloni che incontra i componenti della commissione Cultura. Sul luogo della strage alle 16.58, ora dell’esplosione, Marilena Monti recita la poesia “Giudice Paolo” e alle 17.15 i pm Ingroia e Di Matteo e Vittorio Teresi e il giudice Leonardo Guarnotta partecipano all’iniziativa “Lettere a Paolo”.
Alle 20.30 poi la tradizionale fiaccolata da piazza Vittorio Veneto a via D’Amelio con il ministro Meloni e il sindaco di Roma Gianni Alemanno. (Giornale di Sicilia)

Mafia: procura Palermo chiede processo per ministro Romano

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L’atto di accusa della Procura di Palermo nei confronti del ministro dell’Agricoltura Saverio Romano è lungo due pagine e porta la firma del sostituto Nino Di Matteo e dell’aggiunto Ignazio De Francisci. Un provvedimento imposto dal gip, che la scorsa settimana ha…

respinto la richiesta di archiviazione presentata dai pm e ordinato la richiesta di rinvio a giudizio che da oggi rende formalmente il politico dei Responsabili imputato di concorso in associazione mafiosa.

“Sono vittima di una ritorsione politica, per aver salvato con il mio voto, il 14 dicembre, insieme ad altri colleghi deputati, la maggioranza e il governo”, dice Romano. Il ministro dell’Agricoltura, conferma, in una conferenza stampa alla Camera, che resterà “a testa alta” nel governo Berlusconi, dopo la richiesta di rinvio a giudizio. E critica il presidente della Camera, che ha detto che sarebbero ‘opportune’ le sue dimissioni: “A chi si erge a difensore della morale e che ha favorito i propri familiari”, “vorrei dire che se l’opposizione ha tutto il diritto di attaccarmi e chiedere le mie dimissioni”, altri, “che svolgono ruoli di terzietà, non hanno diritto di intervenire su una vicenda squisitamente politica”. L’eco della decisione dei pm palermitani arriva a Roma, dove da Sel, Idv e Fli si leva la richiesta di dimissioni del ministro. Con Fabio Granata, componente dell’Antimafia di Futuro e Libertà, che invocando il “percorso di trasformazione del Pdl in partito degli onesti”, sollecita una presa di posizione della formazione di Silvio Berlusconi.

Dopo la richiesta dei pm il gup ha due giorni – ma il termine non è vincolante – per fissare l’udienza preliminare: è prevedibile che la data di inizio slitti a dopo l’estate. Nel merito il capo di imputazione “prende” molto dal provvedimento articolato con cui il gip ha rigettato l’archiviazione. La procura, convinta della contiguità tra Romano e Cosa nostra, riteneva di non poter provare il sostegno concreto del politico all’organizzazione: elementi che la giurisprudenza pretende per la configurazione del concorso. Per il gip, invece, ce ne è abbastanza per sostenere l’accusa in giudizio.

Sulla scorta delle riflessioni del giudice i pm elencano ora la sfilza delle accuse a Romano “vicino” ai clan, secondo gli inquirenti, per un ventennio. “Nella sua veste di esponente politico di spicco, prima della Dc e poi del Ccd e Cdu e, dopo il 13 maggio 2001, di parlamentare nazionale – scrivono i magistrati nella richiesta di rinvio a giudizio – avrebbe consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno ed al rafforzamento dell’associazione mafiosa, intrattenendo, anche alla fine dell’acquisizione del sostegno elettorale, rapporti diretti o mediati con numerosi esponenti di spicco dell’organizzazione tra i quali Angelo Siino, Giuseppe Guttadauro, Domenico Miceli, Antonino Mandalà e Francesco Campanella”. Secondo il Pm, inoltre, il ministro avrebbe “messo a disposizione di Cosa nostra il proprio ruolo, contribuendo alla realizzazione del programma criminoso dell’organizzazione tendente all’acquisizione di poteri di influenza sull’operato di organismi politici e amministrativi”.

In particolare, nella richiesta il Pm Di Matteo fa cenno all’interessamento di Romano a candidare, su input del boss Guttadauro, Mimmo Miceli, poi condannato per mafia, alle regionali del 2001. E ancora, insieme all’ex governatore siciliano Totò Cuffaro, in carcere per favoreggiamento aggravato, avrebbe assecondato le richieste del capomafia Nino Mandalà inserendo Giuseppe Acanto nelle liste dei candidati del Biancofiore per le regionali del 2001, “nella consapevolezza di esaudire desideri di Mandalà e, più in generale, della famiglia mafiosa di Villabate”. Abbastanza, per il gip e ora per la Procura, per andare avanti. (Giornale di Sicilia)